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08 dic 2012

La legge non... ammetterebbe ignoranza

di Luciano Caveri

Qualche giorno fa, per lavoro, ho partecipato - era la prima volta in vita mia - ad un corso sulla sicurezza. Un'esperienza interessante che ti apre delle prospettive diverse sui molti gesti quotidiani che ciascuno di noi compie ormai con un evidente automatismo e questo non è sempre un bene, perché basta poco per trovarsi in situazioni quantomeno sgradevoli. Non che fossi del tutto digiuno della materia, essendomene in parte occupato a Roma e a Bruxelles in un passato ormai remoto dalla parte del legislatore e non di chi se ne deve occupare e ne è soggetto, tenendo conto proprio che molte delle norme sono derivate nel diritto interno da direttive comunitarie. Tuttavia studiare la legislazione, le procedure gestionali di sicurezza, i regolamenti e le "schede mansioni" è un altro paio di maniche.

Mi veniva da sorridere pensando che, quando ero presidente della Regione, avevo in capo rischi molteplici (che sono peggio del pericolo!) sui quali ovviamente non avevo nessuna formazione specifica, malgrado l’esistente catena discendente di responsabilità dal primo dirigente giù fino all’ultimo assunto. Mi veniva dunque da pensare, visto che in Italia la legislazione sulla sicurezza è radicata fortemente nel diritto penale e nella fissazione quasi maniacale su chi rifarsi in caso di reato, di quanto sia sempre più risibile quel principio penalistico che dice che, per farla semplice, come "la legge non ammetta ignoranza". Frase che ci sentiamo ripetuta spesso, in molti casi, per fortuna, fra il serio e il faceto. Previsione così severa da non essere per caso revisionata dalla Corte Costituzionale parecchi anni fa, visto che un dovere disatteso dello Stato dovrebbe essere quella di emanare norme chiare, precise e facilmente riconoscibili e di cui il cittadino possa avere la dovuta informazione. Per cui l’ignoranza, se c’è, non sempre è colpa del povero cittadino. Vien da sorridere a pensarci, visto il corpus mastodontico di leggi italiane, pur in parte sfrondate negli ultimi anni, nelle materie le più varie e in una sovrapposizione - ma non ci sono solo le leggi! - di legislazione europea, statale e regionale. Anche il più incallito addetto ai lavori, nelle leggi di propria competenza (chiedete ad un amico avvocato o commercialista), naviga a vista nella speranza di riuscire a raccapezzarsi. Non a caso in questi anni, come una malattia infantile, si sono moltiplicati i tentativi per la "semplificazione" in vari modi: dalle abrogazioni di quanto datato alla buona scrittura delle norme o alla semplice considerazione che non tutto deve essere oggetto di una legge. Io sono, nei molti anni in cui l’ho fatto, diventato un "praticone" del diritto e devo dire, avendo scritto norme persino di rango costituzionale e varie leggine ed una miriade di emendamenti di aver sempre cercato di portare lì l'amore per la scrittura e cioè avendo come punto focale la necessità di essere comprensibile. Cosa difficile nell’Italia degli "Azzeccagarbugli", dove cattivo diritto e malaffare possono essere una miscela esplosiva, condita da sciatteria e ignoranza.