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06 giu 2012

A proposito dei capannoni

di Luciano Caveri

Goffredo Parise, quando scriveva del paesaggio del "suo" Veneto all'inizio degli anni Settanta, citava l'obbrobrio dei "capannoni". Un termine che il dizionario etimologico situa, come primo uso in italiano, nel 1884 e che risuona in tutto il suo utilizzo, poco meno di un secolo dopo. In questi giorni, se n'è parlato tanto per i crolli in Emilia delle antiche vestigia storiche e assieme - questo è il punto - dei capannoni più moderni, spesso sede di aziende hi-tech. Anche noi in Valle d'Aosta siamo diventati, specie nel fondovalle, un Paese di capannoni. Si tratta di una profonda discontinuità con il passato, se guardiamo non solo all'archeologia industriale tipo "Cogne" di Aosta o "Cotonificio" di Verrès, ma anche a costruzioni più moderne come la "Tecdis" di Châtillon o come la ex "Olivetti" (di cui si annuncia purtroppo la chiusura) e la "Bertolin" di Arnad. Dimostrazione questi secondi casi non storici che anche oggi non è necessario obbligatoriamente abbruttirsi nella logica da "prefabbricato standard". Da noi il problema si pone in alcune situazioni all'ingresso di Aosta, nella parte fra Quart e Saint-Christophe, dove si concentra una sovrapposizione nel tempo di immobili che pretendono a complemento non solo un'infrastrutturazione viaria logica e coerente (si discute un progetto con "Anas", che però non ha di certo risorse per certe opere), ma anche un disegno urbanistico e paesaggistico che rimetta più ordine e un'estetica dignitosa in questa vasta zona un tempo paludosa ("marécageux" da cui deriva "Amérique"...) in quanto zona di espansione della Dora. Aggiungerei anche l'esistenza di "problemi energetici" su buona parte dei capannoni realizzati senza tener conto delle nuove tecniche costruttive e della possibilità di sfruttare superfici e tecnologie per energie da fonti rinnovabili (alcuni poi hanno idrovore in azione proprio per contrastare le acque sotterranee!). Oltretutto la crisi economica, il riordino degli uffici pubblici, il mutamento delle esigenze artigiani e commerciali implicheranno una grande riflessione in una zona "assai compromessa", come mi disse con franchezza la grande Gae Aulenti, architetto che ha disegnato la nuova aerostazione in via di realizzazione proprio nella zona citata. «Se sciupiamo la natura, sciupiamo la vita», ha detto il grande scrittore dell'Altipiano Mario Rigoni Stern, anche lui in prima linea - pochi anni fa - contro quei capannoni eccessivi (e in parte ormai vuoti) del "suo" Nord-Est, ma questo ormai vale in tutta Italia. In Valle va infine ricordato - a valorizzazione di quanto già esistente e dunque alla ricerca di un concetto di "bello" nei limiti del possibile - che il settanta per cento della popolazione si concentra nel quattro per cento del territorio, che dunque è ancora più prezioso.