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16 mag 2012

Capire per ripartire

di Luciano Caveri

Io sono un ottimista. Penso di poterlo essere, malgrado la massima ammonitrice di Mark Twain che dice: «Nulla è più triste a vedersi di un giovane pessimista, eccetto un vecchio ottimista». Beh, proprio vecchio non sono ancora, per cui ritengo di potermi porre in una ragionevole posizione mediana, magari usando la celebre espressione di Antonio Gramsci: «Bisogna opporre al pessimismo dell'intelligenza l'ottimismo della volontà». Comunque sia, quel che ci vorrebbe oggi, nel ciclone della crisi economico-finanziaria con il suo strascico di sfiducia e di paura, che ulteriormente deprime la situazione, è di avere dati certi su cui ragionare per meglio contrastare un fenomeno su cui la Regione ha già varato buone misure specifiche. Ma oggi penso che da "politiche di contenimento" si debba passare al famoso "sviluppo" di cui tanto si parla. So bene quanto sia difficile avere queste cifre che fotografino nell'immediato la situazione: tutto un lavoro statistico tradizionale avviene "a bocce ferme" ed offre la realtà trascorsa più di quella che stiamo vivendo in questo stesso momento. Che cosa trovo sul presente? Verifico un generale scoramento: il gestore del bar che parla di una caduta degli incassi e di un'insistenza delle banche a rivedere i fidi già dati; il piccolo-medio imprenditore edile che lamenta lo scarso lavoro e la condizione obbligata di lasciare a casa i dipendenti; il commerciante che non riesce a "dare il giro" e segnala la minaccia crescente del fisco con gli studi di settore; il progettista che si preoccupa per il rallentamento del suo studio e la mancanza di solvibilità dei clienti, e lo stesso ragionamento lo fanno gli avvocati; l'artigiano che arranca con clienti restii a saldare i conti e si interroga come continuare; l'agricoltore preoccupato che "tribola" in un comparto in perenne mutazione.  Per tutta questa ricognizione della realtà immediata, per immaginare nuove politiche attive in una logica coordinatrice delle azioni necessarie, dovrebbero essere sempre di più coinvolte le associazioni di categoria che hanno meglio di tutti il polso della situazione. E' in questo senso davvero scoraggiante quanto sia silente sul punto la "Chambre valdôtaine", il cui ruolo di sintesi potrebbe essere prezioso in questa fase storica. Certo ci sono anche altre questioni: il potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti, i disoccupati che non trovano più neppure quei lavoretti utili per sbarcare il lunario, i giovani che hanno studiato a lungo che si trovano con contratti precari. Il quadro è complesso, ma - raggiunto il fondo - risalirà più in fretta chi ha capito, pur nella complessità di un mercato nazionale e internazionale che non consente logiche autarchiche, come riavviare il sistema. Altrimenti si rischia quello che in linguaggio aeronautico si chiama "stallo" con conseguente "caduta a vite".