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07 ott 2011

La Scandinavia e certi confronti possibili

di Luciano Caveri

So che a dire "Scandinavia" si entra in un grande pasticcio, visto che la regione geografica  non coincide con la definizione storico-cultural-politica e dunque tanto vale parlare di Paesi dell'Europa del Nord (in sintesi "Norden"). Con la sola esclusione della Norvegia, fanno parte dell'Unione Europea la Svezia, la Danimarca con le isole Fær Øer (con statuto autonomo), la Finlandia con le isole Åland (minoranza di lingua svedese) e c'è infine l'Islanda, che ha chiesto di entrare nell'Unione.  Scrivo da Malmö, dove mi trovo per l'ultima trasferta annuale del "Comitato delle Regioni". Una finestra utile sui problemi scandinavi, in particolare con il grande dibattito sul problema vissuto drammaticamente da questa città del Sud della Svezia, collegata da pochi anni con un lungo ponte con Copenaghen. Mi riferisco all'immigrazione e ai problemi di convivenza conseguenti, che pesano su questi Paesi di pochi milioni di abitanti. Ricordo la recente strage in Norvegia da parte di un pazzo, che non a caso ha nascosto la sua follia dietro a ragioni razziste e xenofobe.  In termini generali nelle società scandinave si assiste ormai alla fine di un'ospitalità senza regole e si afferma la pretesa che chi viene si integri.  A noi valdostani guardare al "modello scandinavo" è utile per confrontare il "Welfare valdostano" con il loro "Welfare", forte e radicato, ma soggetto a ragionamenti di contenimento della spesa su cui bisogna lavorare anche da noi, sapendo che da loro, a differenza nostra, non esiste evasione fiscale. Altro interesse: le zone del Grande Nord "a debole densità di popolazione", hanno analogie con le nostre zone alpine. Questo vale per la rarefatta presenza di popolazione e anche per lo sforzo di garantire in aree marginali e poco popolose i servizi d'interesse generale e i settori economici indispensabili. In questo, malgrado la distanza, siamo alleati in sede europea per quelle che vengono chiamate "zone ad handicap naturale permanente", che non vuol dire che i posti non siano umanamente vivibili e splendidi dal punto di vista paesaggistico. Ma l'economia globale, le regole della concorrenza, le liberalizzazioni selvagge pesano, creando appunto l'handicap in certi territori a detrimento della vita delle comunità, dei cittadini e delle imprese.