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12 apr 2011

Quel sorriso in Paradiso

di Luciano Caveri

Don Paolo Chasseur, ayassin tutto d'un pezzo (o meglio «di Antagnod», come ci avrebbe tenuto a dire), era un uomo sorridente. Apparteneva ad una generazione, quella di noi degli anni Cinquanta del secolo scorso, che più di altri hanno vissuto gli enormi cambiamenti della nostra Valle. Mi è capitato spesso di discuterne con lui e la sua capacità di analisi era profonda, perché nessuno come un parroco impegnato nel quotidiano, con ritmi di lavoro sempre più sostenuti, sa "scavare" nelle cose. E lui, nel lento declinare delle vocazioni che svuoterà le nostre parrocchie da preti autoctoni, rientrava in quel filone storico di preti che arrivavano dalle nostre vallate laterali, mettendo nell'attività pastorale quella carica di umanità e quella conoscenza della nostra comunità di cui sarà davvero difficile in futuro fare a meno. Il "sociale" era alla sua attenzione - e non per un esercizio verbale nelle sue omelie semplici ma nello stesso modo intense - e lo ricordo per casi singoli che seguiva con grande impegno ma anche per casi che riguardavano i suoi parrocchiani, come le vicende che portarono alla chiusura della "Tecdis" di Châtillon e si sforzava ogni volta di spiegare - con sincera partecipazione - come fosse difficile per tante famiglie del paese «tirare avanti». Don Paolo ha accompagnato i miei figli alla Comunione e alla Cresima, rendendoli - sempre con quel sorriso che ora è in Paradiso - consapevoli della responsabilità con grande affetto ma anche sapendoli porre, con disciplina, di fronte alla loro responsabilità. Qualunque sarà poi il loro rapporto con la religione, li ha sostenuti di certo nel loro cammino di formazione come persone e di questo gli sono enormemente grato.