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06 feb 2011

Non mi sento un mentecatto

di Luciano Caveri

"Sinistrorso" o "gauchiste" poco cambia. In versione monolingue o bilingue mi trovo spesso nella situazione grottesca di dover spiegare che il mio "no" all'ingresso in maggioranza del PdL non ha niente a che fare con le collaborazioni che ho avuto con il centrosinistra (Sottosegretario con il Governo D'Alema bis e parlamentare europeo unionista eletto con l'apparentamento con i Democratici di Prodi) e che, comunque sia, non rinnego affatto. Ricordo solo che il mio ingresso al Governo fu concordato anche con i colleghi sudtirolesi, come espressione più vasta del mondo delle Autonomie speciali e delle minoranze linguistiche, e che l'accordo con Prodi mi portò ad essere il primo dei non eletti per poi entrare al Parlamento europeo.

Per il resto, rispetto a quel mondo di allora così cambiato, mai come oggi credo che i "niveaux différents" tengano e che dal Comune, alla Regione, allo Stato e in Europa bisogna fare i conti con situazioni diverse, differenti sistemi elettorali, opportunità e necessità. Io stesso con il primo Governo Berlusconi ho ottenuto risultati importanti, fra tutti le tre essenziali riforme del nostro Statuto, ma mai esponenti locali dell'allora "Forza Italia" hanno giocato un ruolo di "raccomandazione" o hanno pensato ad un automatismo fra miei voti favorevoli come deputato in Parlamento e un loro ingresso nella maggioranza regionale. Certo i tempi cambiano, ma non devono cambiare in peggio, dando l'impressione che gli unionisti – o meglio i valdostani – debbono avere delle "badanti" per affermare i propri diritti, quando il dialogo è fra istituzioni e i diritti sono i diritti e non "piaceri", perché altrimenti la forza dell'autonomismo sarebbe ridotta ad una sorta di vassallaggio con il cappello in mano verso i potenti di turno, a destra come a sinistra. Dimostrare senso delle istituzioni, serietà e logica istituzionale deve restare la linea di condotta. Il "ni droite e ni gauche" scolpisce la posizione di partito di raccolta che l'Union Valdôtaine deve essere e non le necessarie collaborazioni o alleanze e per questo dal dopoguerra ad oggi in maggioranza regionale ci sono stati con noi quasi tutti, dai Verdi alla Dc, dal Pci al Psi. Ma con la nuova legge elettorale regionale c'è stata una novità: l'alleanza del "centro autonomista" si è presentata da sola, con un proprio programma e il successo elettorale ha fatto scattare un premio di maggioranza e aumentato i consiglieri regionali della coalizione. I patti con l'elettorato vanno rispettati e oltretutto – questo è il punto – il declino del berlusconismo e dunque del PdL, che è e resta un partito personalista, ma anche la crisi enorme del centrosinistra, diviso e confuso, così come un atteggiamento della Lega che persiste in logiche di incomprensione verso le Autonomie speciali, ci obbligano sul piano regionale a tenerci stretta la coalizione autonomistica (per chi ci sta e non per chi, per mantenere il seggio in Regione, guarda già altrove) e dunque il "ni droite, ni gauche" va declinato evitando aperture verso qualunque altro schieramento a modifica dell'attuale maggioranza regionale. Questo non vuol dire non dialogare con il Governo, come devono fare il Governo regionale ed il Senatore, espressione dell'area autonomista, ma i ricatti del genere «se non apriamo al PdL in Regione il Governo ci farà la guerra» sviliscono ruolo e forza dell'area autonomista e minano in profondità l'Autonomia speciale che dovrebbe – se questa fosse la logica prescelta - essere sempre in ginocchio di fronte a chi comanda a Roma. Allora perché dovrebbe esistere un'area autonomista, basterebbero e avanzerebbero i partiti tradizionali! Temo, tuttavia, che la stessa UV sia oggi diventato un Movimento politico in cui certe scelte vengono discusse dopo essere già state assunte e che i dibattiti di conseguenza rischino di essere solo specchietti per le allodole. Tanto che addirittura un'agenzia di stampa autorevole come l'Ansa ha scritto qualche giorno fa, prima che cominciasse la consultazione della base unionista, che l'ingresso del PdL avverrà nel Consiglio regionale del 9 marzo, come se tutto fosse già precostituito da tempo e la dimostrazione sarebbe anche nella presenza sistematica di consiglieri regionali del PdL agli incontri romani e non solo degli esponenti di Governo unionisti. Insomma la logica pare essere quella di "non disturbare il manovratore" e eventuali dissensi, come il mio, finirebbero per consentirti di ottenere, dopo anni di onorato servizio, la nomea di "rompicoglioni" per tristi frustrazioni personali, avendo perso lo scranno più alto della politica valdostana. Questa rappresentazione da "mentecatto" mi ferisce ma sopravvivo benissimo, perché esprimere il proprio pensiero fa parte degli aspetti nobili della politica e della considerazione che ciascuno deve avere per il proprio patrimonio di idee. Il tempo è galantuomo: di questo sono profondamente convinto e un giorno, con maggior serenità, rileggeremo le vicende di questi anni difficili e forse ne sorrideremo.