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08 dic 2010

Un vecchio caprone

di Luciano Caveri

L'umorismo è una panacea: assomiglia a quelle maniglie sui treni che servono per l'arresto rapido. Quando ne hai voglia, tiri e sei a posto perché certe situazioni si sdrammatizzano. Ci pensavo di fronte ad un forte nervosismo di queste ore in Consiglio regionale, che dimostra come le assemblee legislative - ed il Consiglio Valle lo è - siano eredi di quella grande intuizione di stabilire l'esistenza di luoghi fisici di discussione dove gli scontri guerreschi diventassero scontri verbali. Una sorta di simulazione della guerra. Ricordo il bel libro "Un ethnologue à l'Assemblée" di Marc Abélès, che dieci anni fa - in un filone di antropologia politica - descrisse l'Assemblea nazionale francese, annotando riti e comportamenti con lo stesso spirito d'osservazione che normalmente sarebbe stato dedicato da un antropologo alla descrizione di una tribù amazzonica. Ecco perché certe tensioni che si creano in politica vanno relativizzate, come è appunto il caso di scuola del ruolo attuale del PdL in Consiglio regionale. Chiunque, come me, chiede il rispetto di regole, procedure e di discutere del caso (dubitando, credo legittimamente, sull'opportunità dell'ingresso), cercando di uscire da una situazione ambigua di un "limbo" fra maggioranza e opposizione, diventa così per i fautori dei nuovi scenari un "nemico" che disegna chissà quale rete di complotti o finisce per essere considerato - come ci insegna proprio l'antropologia - "capro espiatorio". La definizione è nota:  "è colui sui quale vengono fatte ricadere le colpe di altri, o che volontariamente se le assume, sacrificandosi per loro. Presso gli antichi ebrei, secondo un rito seguito anche in altre religioni, ogni anno nel giorno dell'espiazione, o kippu'r, il sommo sacerdote liberava un capra nel deserto dopo avergli simbolicamente caricato addosso le colpe di tutta la comunità". Tiro l'arresto rapido, mi avvio verso il deserto e belo.