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04 nov 2010

Bunga bunga

di Luciano Caveri

I sostenitori di Silvio Berlusconi ammiccano. Anche di fronte alla vicenda della ragazza marocchina e del "caso bunga bunga", che coinvolge anche Emilio Fede e Lele Mora, alla fine, se obietti, ti guardano come un fesso e ti dicono: «invidioso?». Questo fa parte di un'epica italiana del "capo" che, in ossequio al gallismo, se "tromba" è un valore aggiunto e se questo cozza con i discorsi pubblici sulla famiglia non c'è problema perché esiste pur sempre il confessionale e ci sono le urne: se mi votano che problema morale c'è? E questa considerazione del voto come amnistia o assoluzione viene adoperata in ogni occasione utile. Intendiamoci: la filosofia del "mandrillo" in Berlusconi non è nascosta. Fa parte della sua personalità, come il "trucco e parrucco", e "scoprire" che gli piacciano ninfe e ninfette è come scoprire l'acqua calda. Nelle democrazie mature, dove non c'è privacy che tenga per un uomo pubblico, sarebbe sufficiente per essere sanzionato dall'opinione pubblica, da noi desta ammirazione come nei Paesi sudamericani, dove l'entourage del "caudillo" si occupa anche degli svaghi. Questa è una stortura italica su cui sarebbe bene riflettere. Quel che conta in questo caso non è, alla fine, la "gnocca" (scusatemi), ma che un Premier chiami la Questura di Milano, parlando parrebbe di persona, per aiutare una sua "amichetta".