Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
07 lug 2010

Brutta aria

di Luciano Caveri

Non so quante volte ho scritto in questi anni di come il "federalismo fiscale" – di cui si parla ormai fino allo sfinimento - sia niente altro che uno slogan. Sarebbe stato meglio, in un sano burocratese, chiamarlo "riordino dei trasferimenti finanziari e dei riparti fiscali delle Regioni". Punto e basta. Il resto è fumisteria, perché non esiste federalismo fiscale senza federalismo.

Se poi leggiamo i fatti alla luce dell'attuale manovra finanziaria, abbiamo la "prova del nove" dell'esattezza della scatola vuota che ci viene propinata come rivoluzione epocale. Infatti la tremenda e letale batosta che si è abbattuta sul sistema autonomistico italiano, imputandone la responsabilità a quei cattivoni di Bruxelles (un alibi perfetto…), è dimostrazione che non solo il federalismo fiscale è fuffa ma che si sta andando esattamente all'inverso verso un nuovo centralismo. Per altro, quando le Regioni e i Comuni hanno chiesto spiegazioni e proposto soluzioni alternative – in barba ai principi di leale cooperazione nella stessa Repubblica – il Ministro Giulio Tremonti, vero dominus della manovra, ha reagito in maniera sprezzante e la legittima richiesta di negoziazione è stata presa come una barzelletta. Chi è federalista dovrebbe inquietarsi di certi atteggiamenti e dell'aria di questi tempi, perché non solo il federalismo fiscale ha partorito un topolino, ma alla fine si torna indietro, essendo la crisi l'occasione perfetta per lo Stato di rimettere il naso laddove non dovrebbe metterlo. Altro che federalismo! Mette tristezza che il tutto passi in un clima crescente di distrazione e catatonia, con i Presidenti di Regione quasi sbeffeggiati e certo minacciati da chi, alla fine, è prevalentemente responsabile dei comportamenti che hanno resa obbligatoria la stretta sui conti pubblici.