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23 mar 2010

Una bandiera che amo

di Luciano Caveri

Leggo di questa polemica sulla bandiera del Tibet che sventola sulla scuola di sci di Gressoney-Saint-Jean e che i cinesi - presenti ai campionati militari - chiedono di togliere e mi pare che la loro richiesta sarà accolta. Quando ero Presidente della Regione, avevo nel mio ufficio la bandiera del Tibet, una bandiera che amo con la sua simbolistica che comprende pure due leoni di montagna, che mi era stata regalata e che ritengo abbia un valore importante per le minoranze linguistiche e nazionali. I miei amici walser della Valle del Lys dovrebbero averne coscienza, essendo loro una minoranza nella minoranza, cui sono sempre stato legato per motivi familiari e per la lotta politica che portò ad un loro riconoscimento di rango costituzionale. I tibetani, da questo punto di vista, hanno con noi quelle affinità che avvicinano i montanari di tutto il mondo e di cui dobbiamo avere coscienza: sono un esempio di un popolo dalla straordinaria singolarità culturale che viene oppresso e privato di elementari principi di libertà. I cinesi ne fanno un elemento di disagio e di puntiglio? Piegarsi ai loro desiderata, immagino "per il bene della manifestazione", intristisce perché dimostra che la retorica dei campionati militari, come occasione di pace, rischia di essere la foglia di fico di una realtà ben diversa, cui la Valle per la propria storia non può piegarsi come se nulla fosse.