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14 mar 2010

Povero Orwell...

di Luciano Caveri

Con un successo fuori dal comune - cui io stesso ho contribuito come telespettatore occasionale - finisce il Gf, il "Grande Fratello", espressione di orwelliana memoria applicata alla convivenza televisiva di un gruppo di persone isolate nella "casa". Il povero George Orwell si rivolterà nella tomba a pensare che la profondità del suo pensiero, contro gli orrori delle dittature, è finita per essere banalizzata nel titolo di un programma con ragazzette discinte ignoranti come delle scarpe e con maschi che cercano la supremazia con liti che fanno rimpiangere le lotte simulate di alcune scimmie.

Un format internazionale di grande successo, che piace anche ai valdostani, anche se fino ad ora nessun originario della nostra Regione è riuscito alla fine ad entrare nel Gf e, per altro, siamo talmente pochi che il televoto, che non conosce il "proporzionale", ci massacrerebbe. Attirati come siamo dalla forza ipnotica della stupidità (gli studiosi possono dimostrarci che persone intelligenti nella "casa" non farebbero gli stessi indici d'ascolto), osserviamo con un pizzico di masochismo questi essere umani chiusi dentro un acquario televisivo come se fossero dei pesciolini e il cui comportamento è ovviamente alterato dalle telecamere che li seguono ovunque. Strisciamo come loro, accompagnandoli come telespettatori, nella rassicurante fanghiglia di chiacchiere in libertà che è la forza del cosiddetto reality, che di realtà non ne ha, perché la vita quotidiana è ben più grama della fame o della dissenteria dell'Isola dei Famosi e anche del confessionale del Gf, che finisce poi per ruotare attorno a problemi amorosi e ormonali con l'unica variante libertina della sessualità sempre più libera come da costumi in evoluzione (lesbismo e omosessualità attirano la massima attenzione con un provincialismo rimarchevole). Qualche tempo fa, qualcuno mi ha detto: perché non proporre sulla rete nazionale un "Grande Fratello montano" con dei concorrenti chiusi come topolini di laboratorio dentro un rifugio alpino d'alta quota? Non essendoci mai limite al peggio, l'idea potrebbe concretizzarsi: ai salvi chi può!