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30 ott 2009

Autunno

di Luciano Caveri

L'autunno propone una Valle con cieli diversi dal resto dell'anno e con gli alberi che accendono i versanti di sfumature ricche di colore. Le montagne, stremate dalla stagione calda, si stagliano, quando il tempo è bello, come funamboli sospesi all'orizzonte, con i loro contorni che si disegnano nell'aria con nettezza attraverso le pareti brulle delle vette.

Le montagne assumono poi, nella roccia, colori inusuali, che fanno il pari con la tavolozza offerta dalle foglie, aggiungendo la spruzzata di neve che imbianca le cime, come se fosse una voglia. Quella stessa voglia che abbiamo tutti di un autunno che sappia passare il testimone all'inverno con delle nevicate del "tempo che fu" o della... stagione scorsa (che poi è esattamente il significato di "neige d'antan", cioè la neve di un anno prima, nella celebre poesia di François Villon). Confesso ancora un debole per quelle nuvole strisciate ("cirrocumuli"?) che solcano il cielo, spesso come i tagli alle tele di Lucio Fontana. E pure, quando fa brutto, ci sono le piogge, le nebbie, la nuvolaglia, altrettanti elementi di fascino per nulla tetri ma corrispondenti alla messa in scena del periodo. E che dire di quegli odori, anzitutto di umido, ma anche di castagne, mele e funghi, se non - ma da noi non c'è - di tartufo, certo di cibi più solidi rispetto agli orti estivi e semmai le verdure muoiono in una bagna cauda. Intanto il vino - protagonista dell'autunno con le feste nei paesi - lo si vede aprire un ciclo nelle vendemmie che culminano. Ho con l'autunno un rapporto contraddittorio: da una parte l'accorciarsi delle ore di luce intristisce, ma dall'altra come negare che esiste una sorta di raccoglimento, di maggior intimità con una luce inclinata che ha un suo fascino. Dopo tanto "esterno", si riscopre l'"interno" e l'avvolgente protezione dei vestiti più caldi. Usando degli anglicismi, potremmo proprio parlare di una dimensione "indoor" che si sostituisce ad una parte delle attività "outdoor". L'autunno è una passerella, insomma, che ci conduce dal degradare dell'estate al profumo del Natale, quando la stagione si accorcia: pronta, però, a ridistendersi come una molla, riprendendo - nell'ovvietà dei ritmi della natura - il ciclo delle stagioni.