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10 lug 2009

Giovani

di Luciano Caveri

La retorica sui giovani mi mette, in politica come altrove, l'orticaria. Vale oggi la medesima sensazione di fastidio che avevo da giovane, ma temo che il quadro sia peggiorato e me dolgo, avendo superato i cinquant'anni. Tra l'altro, quando ero un giovane deputato, mi trovai in una kafkiana Commissione parlamentare d'inchiesta sulla condizione giovanile! La constatazione di partenza è facile: più si parla dei giovani - con la logica del disco rotto - e del loro inserimento e della loro valorizzazione, più si segnala la forza del rinnovamento della quale possono essere motore e di quanto siano una risorsa e più la realtà è esattamente l'inverso e cioè che i giovani - protagonisti a parole - sono in realtà fuori dalla porta e presi a calci nel sedere. Una porta tenuta chiusa per stupidità o chiusura mentale e calci nel sedere frutto di miopia verso le giovani generazioni. Lo scrivo con la coscienza a posto e con la fortuna personale di aver cominciato da giovanissimo il mio lavoro di giornalista e lo stesso vale per l'ingresso e le successive tappe in politica. Chi mi conosce sa che, ogni volta che ho potuto, ho avuto collaboratori giovani, perché il loro entusiasmo e la loro energia sono il necessario contraltare all'esperienza. Ciò evita che l'esperienza sia solo una rendita di posizione: quante volte nella mia vita ho incontrato vecchi chiusi, egoisti e gretti, che non volevano giovani tra i piedi per paura di essere scalzati e per timore che ogni rinnovamento turbasse abitudini e tradizioni ammuffite. Spesso ciò ha innescato regole concorsuali, di accesso al lavoro e alle professioni che sono apposta una corsa ad ostacoli per impedire l'ingresso e le nuove regole pensionistiche che verranno rischiano di essere un ostacolo all'entrata e alla stabilizzazione dei giovani nel mondo produttivo. Della politica non dico nulla: basta scorrere gli anni di nascita dei decisori.

Per fortuna, io stesso ho trovato, purtroppo in minoranza, persone anche anziane pronte al confronto e al dialogo, talvolta consapevoli del ruolo di passaggio del testimone fra generazioni, come elemento fondante della società. L'incontro con i giovani, che fosse nelle scuole, durante uno stage o per un consiglio di studio e di lavoro, è sempre stato per me un arricchimento personale. Bisogna sapere stare all'ascolto e cogliere quei cambiamenti che i giovani avvertono per primi con quel fiuto e quella sensibilità che anche noi avevamo da ragazzi. Ma una precondizione è quella di fissare certezze e regole che diano speranze ai giovani. Bisogna farlo con determinazione e anche con il cuore per evitare di sentirci colpevoli di fronte ai nostri figli. Anche perché, in una Valle d'Aosta in progressivo invecchiamento, i nostri giovani sono una ricchezza da valorizzare per scelta politica o anche - per chi non ci crede - per opportunismo proprio per evitare di trovarci seduti sul ramo di una pianta rinsecchita.