Il rogo del Traforo del Monte Bianco
All'ora della tragedia, dieci anni fa come domani, ero alla Camera dei Deputati a Roma per intervenire in un dibattito sulle vicende dolorose della Jugoslavia. Le prime notizie per telefono non davano affatto conto della reale drammaticità dei fatti e delle dinamiche che portarono ai trentanove morti e alla chiusura per anni del traforo.
Seguii poi le vicende nelle mie funzioni parlamentari e al Parlamento europeo fui promotore di quella direttiva sulla sicurezza dei trafori stradali che tenne conto del rogo del Bianco per evitare che mai si ripetessero circostanza del genere.
Dieci anni dopo, manifesto due dispiaceri. Il primo è l'interdistanza, vale a dire l'obbligo di mantenere nel tunnel un certo numero di metri fra un mezzo e l'altro per limitare conseguenze in caso di incidente. Le attrezzature tecniche per sanzionare chi viola l'obbligo restano ancora sperimentali e non consentono di dare le multe e ciò a detrimento della sicurezza. Il secondo è la modifica degli accordi internazionali che prevedevano una società unica: gli interessi di mantenere doppie cariche e la circostanza che è un privato che controlla la società italiana, mentre quella francese è pubblica, hanno perpetrato il paradosso e i costi di due società su un solo traforo.
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Commenti
Transazione
Apprendiamo dai giornali della decisione di chiudere il contenzioso tra la Regione e la Volvo/il Tunnel.
Il campanello d'allarme suona per due ragioni. In primo luogo l'insolita attenzione mediatica richiamata dal Governo regionale e dal Presidente Rollandin (il comportamento stride con il low profile comunicativo che caratterizza il vertice della Regione...), in secondo luogo la rapidità con la quale è stata assunta la decisione di risolvere la controversia in mano agli avvocati da anni, in un periodo in cui i cittadini preferirebbero che l'attenzione del Governo fosse incentrata su problemi decisamente più vicini come, ad esempio, la disoccupazione in crescita.
On. Caveri, «a pensare male si fa peccato ma ci si azzecca sempre», cosa c'è sotto?
Per quale ragione le pretese economiche della Regione sono state così ridimensionate?
Francamente...
delle ragioni della chiusura del contenzioso deve rispondere il Governo attuale, che mai ha evocato il problema nelle sedi politiche in cui sono presente.
La transazione nei termini che ho per ora letto sui giornali non fu accettata dal mio Governo, che per la chiusura propose, oltreché le spese legali, che le società del Traforo si facessero carico della costruzione della nuova Caserma dei Vigili del fuoco di Courmayeur, immaginando che nei medesimi locali - di cui venne individuata l'area - potesse trovar posto anche la Polizia Stradale che opera in Alta Valle.
I Trafori rifiutarono e la storia allora finì lì.
Tunnel...
tu pensa che io con mia moglie eravamo passati il giorno prima e, da allora, non siamo mai più passati...
Per andare a Chamonix, dove una volta avevo il dentista, adesso passo da Martigny e poi dalla Forclaz...
Immagino...
in effetti, che sfiorare così da vicino un rischio di morte faccia cambiare strada!
Anche se, oggettivamente, forse oggi è più sicuro il Bianco, per quanto sia il doppio come lunghezza del Gran San Bernardo.
Traforo del Monte Bianco 1999-2009
Per questo post, considerata la delicatezza della questione, metterò al bando ogni paragone spiritoso e qualsiasi provocazione. Però, non rinuncerò a esporre quanto penso da lungo tempo. Essere teatro d’una tragedia impone, necessariamente, non solo il mostrare di aver capito la “lezione” cui una comunità viene confrontata, ma anche essere in grado di elaborare quel fatto, su diversi piani, non tanto per esorcizzarlo, ma affinché esso assurga a monito per il futuro, a testimonianza sempiterna di errori o leggerezze umane per cui altri non avranno nuovamente a pagare.
Rispetto al rogo nel Traforo del Bianco, la “lezione”, in termini di sicurezza, s’è mostrato d’averla compresa in modo maturo. La lunga chiusura, i lavori, gli investimenti e la riapertura danno conto dello sforzo profuso per portare la struttura a standard internazionali moderni, affinché il dolore di quel 24 marzo di dieci anni fa non debba ripetersi. Anche le istituzioni regionali han fatto la loro parte, con il cordoglio e la memoria, manifestati, con sobrietà e il giusto profilo, ad ogni anniversario della tragedia.
Cosa manca? Un punto, che non è però esattamente indifferente. La voglia e la capacità di elaborare. Forse per il grande lutto che ha rappresentato, e per quanto l’incendio abbia fatto sentire i valdostani decisamente più vulnerabili di quanto non credessero, ci si è fermati, quasi bloccandosi, dinanzi al rogo del Bianco. Giornalisti e “intellettuali” (tra virgolette, poiché da intendere nel senso più ampio del termine) hanno assolto (in maniera professionale e competente, va detto) il loro ruolo legato alla cronaca di quei giorni, ma poi non sono andati oltre quel traguardo.
Beninteso, è umanamente comprensibile e non vuole esserci critica, in queste righe. Oltretutto, qualcuno dirà, cosa si poteva fare? Non è il caso di cercare termini di paragone in altre tragedie, poiché inutile e senza senso, però non si può far finta di misconoscere come dal “Vajont” siano stati tratti un film e un lavoro teatrale molto apprezzato, firmato Marco Paolini. Lo stesso ha scaturito l’incendio nell’acciaieria Thyssen-Krupp di Torino, cui si deve “La Fabbrica dei Tedeschi” di Mimmo Calopresti. E’ quando si proietta un fatto su un’altra dimensione, in questo caso quella cultural-artistica, che si va oltre, superando la cronaca, vincolata comunque al non poter sconfinare dai “fatti del giorno”, e ponendo un punto fermo, che può costituire anche un reale momento di ripartenza.
A dire il vero, l’inferno di fuoco sotto il Bianco è stato al centro di una pièce di una compagnia locale, però altro, e di respiro diverso, poteva essere fatto. Non era sicuramente fuori posto, ad esempio, l’idea di un Instant-Book, ovvio su base documentale, che avrebbe funto anche (e soprattutto) da raccolta delle risposte ai molti interrogativi della vicenda, alcuni dei quali ancora in essere. Ed è proprio in questo, forse, il fatto che l’opportunità di elaborare non è ancora persa del tutto, anche se non più in termini “instant”. Però, molte volte, anzi quasi sempre, il distacco, al contrario della fretta, è ottimo consigliere e aiuta a non dimenticare.
Ha detto bene...
sull'inesistenza della sicurezza: siamo stati tallonati per 3/4 del percorso da un Tir per di più strombazzante, speravamo di trovare qualcuno all'uscita sul versante francese invece, maramao...