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25 nov 2022

Assieme per le Alpi

di Luciano Caveri

Sono stato a Trento per la chiusura della Presidenza trentino-tirolese della strategia macroregionale alpina. La si chiama con l’acronimo Eusalp" (in inglese "EU strategy for the Alpine region"), che i francesi in ossequio alla loro lingua e contro lo strapotere dell'inglese chiamano "Suera" ("Stratégie de l'Union européenne pour la Région alpine"). Sarebbe stato meglio usare il latino con un comprensibile “Alpes”. Ricordo che come perimetrazione si tratta della vasta zona transfrontaliera - di cui facciamo parte - che coinvolge 46 Regioni appartenenti a sette Stati: Italia (Lombardia, Liguria, Friuli e Venezia Giulia, Veneto, Provincia autonoma di Trento, Provincia autonoma di Bolzano, Valle d'Aosta e Piemonte), Austria, Svizzera, Francia, Germania, Liechtenstein, Slovenia.
Parliamo di un'area di 400mila chilometri quadrati, che investe una popolazione di 70 milioni di abitanti, con un "PIL” stimato di oltre tremila miliardi di euro, ma la cifra è probabilmente superiore. Ho sempre ricordato come ci siano due movimenti che ci interessano. Ce n'è uno orizzontale, che guarda il massiccio alpino in tutto il suo sviluppo, usando il famoso esempio della cerniera, che non è una novità ma una costante millenaria nei rapporti reciproci, quando gli Stati nazionali neppure esistevano. Ce n'è un altro che lavora su di una dimensione verticale corta che lega il versante Sud e quello Nord attraverso strumenti vecchi e nuovi di cooperazione. Entrambe le geometrie complementari, tenendo conto della vecchia "Convenzione Alpina" e dei suoi Protocolli, dovrebbero ragionare in termini di vera cooperazione territoriale senza quelle ingerenze statali in negativo che proprio sulla "Convenzione Alpina" hanno pesato, rendendola pressoché inutile, con i Ministeri dei rispettivi Stati che in modo dirigistico e con lo stampino troppo ambientalista hanno cercato di mettere il naso ovunque, anche laddove poteri e competenze risultano solidamente su base regionale. 
Bisogna per questo valorizzare gli aspetti politici della dimensione alpina in chiave europea ma con ruolo essenziale delle Regioni per capire meglio come le comunità abbiano reagito in diverso modo ai medesimi problemi da affrontare. Un terreno fertile e indispensabile, perché ognuno nel proprio ambito - compresa la nostra Autonomia speciale - possa farsi forte non solo attraverso l'interscambio di buone pratiche, ma facendo sistema assieme agli altri "alpini" nel rapporto con le autorità europee e quelle statali. Facendo attenzione che le grandi città del sistema, prevalentemente subalpine, non “schiaccino” la dimensione montana vera e propria. Paul Guichonnet, il più grande studioso della “civilisation” delle Alpi nella sua veste di geografo e ai storico, ci ha lasciato purtroppo quattro anni fa, dopo aver dedicato la sua vita intera a studiare le “sue” montagne e le popolazioni che le vivono, scriveva: “Les Alpes sont, certainement, les montagnes les plus singulières et attachantes de la Terre. Au cœur du Continent européen, berceau de la civilisation industrielle développée, elles séparent et unissent, tout à la fois, le monde méditerranéen et les façades nordiques et océaniques du continent, dont elles constituent l'ossature majeure».
Le sue conclusioni sono espresse con grande efficacia in una breve frase: «la recomposition d'un espace alpin, moins subordonné et asservi, ne pourra se faire que dans le cadre de l'intégration européenne».
Avere grazie ai suoi studi che molto mi impressionarono ho compartecipato nel mio lavoro alla spinta per avere e la ottenemmo, nel quadro dell'Unione europea, questa strategia macroregionale delle Alpi in analogia a quelle già in sviluppo attorno al Mar Baltico, al fiume Danubio e al Mare Adriatico. Ma la politica - e in primis gli eletti della montagna alpina - ci devono credere e evitare che la macroregione alpina sia un luogo per soli dialoghi tecnici su specifici argomenti, ma diventi luogo di confronto e di crescita della politica. Altrimenti resterà una creatura debole e infruttuosa. Scriveva l'Abbé Joseph Bréan, riprendendo un tema caro ad Émile Chanoux, in "Civilisation alpestre": «Le moment est peut-être venu où cet immense réservoir de valeurs humaines, constitué par les Pays des Alpes, doit ouvrir ses écluses, pour répandre tout autour les flots d'une civilisation capable de sauver et de rénover le Vieux Continent, ce noble et malheureux Continent qui se débat dans un désarroi angoissant, cherchant une voie de salut».
 Parole riferite agli orrori della Seconda Guerra mondiale e avere una visione europeista mostra la grandezza di Bréan. Pensieri che suonano come un sinistro ammonimento con i venti di guerra in Ucraina, che mostrano i rischi sempre presenti nel caso specifico derivanti dalla spinta del nazionalismo e dall’ imperialismo russo. Uscire dalla logica dei soli Stati nazionali può avvenire proprio sulle Alpi e si può fare grazie all’approccio europeista, diventando un esempio fruttuoso di come scavalcare le frontiere lavorando assieme.