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22 nov 2022

Non guarderò il Mondiale

di Luciano Caveri

È iniziata la Coppa del Mondo FIFA 2022. I mondiali di calcio 2022, che si concluderanno domenica 18 dicembre, sono in corso- e fa impressione scriverlo - questo avviene in Qatar e, per la prima volta nella storia della competizione, le gare non verranno disputate in estate e la ragione è che più che al calcio bisogna pensare per spiegare perché si è finiti laggiù alla geopolitica. Mancano gli azzurri, che per la seconda volta - vogliamo dire che è una vergogna? - non giocheranno perché eliminati anzitempo. Questo fatto rende meno vivace la discussione in Italia sulla opportunità o meno di seguire questa competizione. Personalmente credo che siano molte le ragioni per disertare questi Mondiali e capisco che senza la Nazionale italiana risulti più facile dire che, come scelta personale, non li seguirò neanche in televisione. Su Internazionale pubblicano due articoli usciti sul giornale tedesco Die Zeit, uno che spinge per non seguire queste competizioni, l’altro per seguirle ma con i necessari distinguo. Segnalo che in Germania molti hanno sostenuto senza esito persino il ritiro della Germania dal Mondiale. Cominciamo dalla prima posizione con Mark Schieritz: “Il Qatar è una monarchia assoluta con leggi che si basano principalmente sulla sharia, la legge islamica. Gli stadi in cui si giocheranno i Mondiali di calcio che cominciano il 20 novembre sono stati costruiti dai lavoratori immigrati in condizioni spesso allucinanti e con molte morti sul lavoro, come riferiscono le organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Per evitare che le partite si giochino in stadi con gli spalti vuoti, tifosi da tutto il mondo devono arrivare in aereo in questo paese desertico: il Qatar, infatti, ha meno abitanti di Berlino. Ditemi voi se non è pazzesco”. E più avanti: “Il regime qatariota spera che i mondiali siano un palcoscenico d’eccezione in termini d’immagine. E allora meno gente li guarderà meno il regime riuscirà nel suo intento. Un mondiale senza pubblico televisivo europeo – considerando il potere d’acquisto e l’entusiasmo per il calcio del vecchio continente – darebbe inoltre un segnale forte alle federazioni sportive internazionali, i cui responsabili la prossima volta magari ci penseranno due volte prima di scegliere un paese ospitante inadeguato dal punto di vista politico e ambientale come il Qatar”. Il secondo è Yassin Musharbash: “Ormai è inevitabile che i mondiali si svolgano nel deserto del Qatar, ma solo ora i sostenitori del boicottaggio chiedono di non guardarli. E invece la prospettiva va ribaltata: adesso l’importante sarà illuminare con riflettori più potenti che mai gli angoli bui del Qatar; e anche i fallimenti della Fifa, insieme agli scarpini da calcio. In quest’ottica spegnere la tv serve a poco”. Aggiunge ancora: “Pare che la coscienza critica stia crescendo, altrimenti non si spiega perché non ci sia stata una campagna di boicottaggio simile prima dei mondiali del 2018 in Russia, a quattro anni dall’annessione illegale della Crimea. Certo, forse da allora è cresciuta soprattutto la rabbia contro la Fifa. E il Qatar si presta bene a simboleggiare una commercializzazione fuori controllo del calcio. In ogni caso è giusto esprimere le proprie critiche e allo stesso tempo seguire i servizi sui mondiali. Perché proprio nel caso di questo campionato sarà molto importante guardare con consapevolezza il lavoro dei giornalisti e osservare le posizioni che prenderanno sportivi e funzionari in Qatar”. Un dibattito a distanza civile e rispettoso. Quanto ce n’è bisogno ovunque in questi tempi in cui la violenza scritta, specie sui Social, premia i peggiori che fanno sistema.