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13 ott 2022

La prima volta in politica

di Luciano Caveri

La “prima volta” in politica mi ha sempre riempito di curiosità e successivamente di ricordi. Anche di questo si vive, come fosse una calda coperta di Linus. Capita di estrarli come il coniglio dal cilindro certi ricordi delle esperienze avute e sono stato pure rimproverato in Consiglio regionale da una consigliera leghista per certa aneddotica, che mai potrà lei potrà vantare. Per altro i ricordi hanno parte rivolta al passato, ma bisogna sforzarsi di crearne di nuovi. Bisogna avere la consapevolezza che molte cose che facciamo sono destinate a non assurgere a ricordo, ma bisogna continuare a creare occasioni per averne da mettere da parte e prima o poi torneranno buoni per l’uso. Ora che vedo il riformarsi delle Camere in una Legislatura che penso sarà turbolenta, malgrado l’ampia maggioranza del centrodestra, mi viene in mente quella prima volta del 2 luglio 1987 a Montecitorio. Poi negli anni successivi altre prime volte con posti di responsabilità, come Capogruppo e Segretario di Presidenza. Ma come dimenticare l’esperienza di SottoSegretario? Ogni volta una sorta di bagno freddo, stimolante per l’intelletto, come già era capitato da giornalista. Avere il privilegio di fare cose nuove è sempre uno “sveglia bauchi”, come diceva mio papà, memore della signorina bellunese che lo aveva visto crescere, aiutando in casa la famiglia che abitava allora in via Sant’Anselmo ad Aosta. Ho avuto in questo la fortuna, sempre in politica, di spuntare al Parlamento europeo, dove tutto mi sembrò di primo acchito complicatissimo e lo stesso avvenne quando mi trovai a presiedere una Commissione lassù a Bruxelles, sfidando il pregiudizio dell’italiano fancazzista. Poi l’emozione più grande della prima volta in Consiglio Valle: il nostro parlamentino, cuore della democrazia, raggiungendo faticosamente il ruolo di Presidente della Valle, benché osteggiato in partenza. Altra emozione: il Comitato delle Regioni sempre a Bruxelles, cui si aggiunse il Consiglio d’Europa a Strasburgo, che già conoscevo per via delle plenarie da europarlamentare. Ogni volta l’occasione di capire e di superare certi attimi di preoccupazione e di smarrimento, quando ti trovi a doverti abituare ad ambienti nuovi e a regolamenti da capire. Ma si finisce per crescere e migliorarsi, avendo sempre l’umiltà di non sentirsi mai e poi mai arrivati e avendo la continua certezza che da chi è migliore di te c’è solo da imparare. In questo ho avuto il privilegio di giocare sempre la carta della socialità nell’incontro con gli altri. Ogni volta nello zaino che portiamo sulla schiena ho aggiunto qualcosa, che ti forma e ti forgia e spesso ti rende migliore. Certo la politica è ambiente difficile, perché vi approdano personalità varie in positivo e in negativo e devo dire che, anche grazie a delusioni, uno finisce nel tempo per acquisire un sorta di sesto senso verso chi, pur potenzialmente bravissimo, risulta poi privo di quelle qualità che sono indispensabili per chi si trova a vari livelli ad occuparsi della Cosa pubblica. Ho avuto alcune delusioni, ma ho anche avuto il privilegio di conoscere chi mi è stato di esempio e di stimolo. Resta questa filosofia della “prima volta” che andrebbe applicata a tutta la propria vita, alimentando quel motore pulito che ha come carburante la curiosità. Mi sembra straordinario in questo senso l’ammonimento di Gesualdo Bufalino: “Non è l’affievolirsi della vista, dell’udito, della memoria, della libido che segna l’avvento della vecchiaia e annunzia la prossima fine; ma è, dall’oggi al domani, la caduta della curiosità”. Ci si può anche scherzare sopra, pensando a che cosa dice nei suoi film d’animazione lo stralunato astronauta Buzz Lightyear: “Verso l'infinito e oltre!”