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30 ago 2022

Pensieri sulle elezioni

di Luciano Caveri

Leggevo sul Corriere della Sera un articolo sulle prossime elezioni politiche di Massimiliano Tarantino Direttore Fondazione Feltrinelli. Come spesso capita si tratta, attraverso stimoli di editorialisti, di porsi di fronte a idee e proposte, che finiscono per essere filtrate attraverso l’esperienza che ciascuno di noi ha accumulato nel tempo. Ho partecipato personalmente a diverse campagne elettorali e mi sono occupato anche di campagne altrui e trovo che molte cose restino uguali nel tempo e altre siano cambiate in profondità. Osserva Tarantino: “La campagna elettorale è il tempo del bicchiere mezzo pieno, anzi della ridda di soluzioni semplificate perché il proprio bicchiere sembri mezzo pieno, e quello dell’avversario perennemente mezzo vuoto. La politica si riduce all’osso, tema soluzione sorriso. Pillole di consolazione per elettori arrabbiati, spunti frammentati costruiti per catturare l’attenzione, far innamorare, incantare. Con due conseguenze, il voto poco consapevole dei più affezionati e l’aumento a dismisura del partito dell’astensione. Ma non è una strada ineluttabile, possiamo vivere la campagna elettorale dotandoci di qualche anticorpo che non ci faccia partecipare per stordimento ma per convincimento”. Un menu interessante per chi alla fine resta, anche se non come attore nelle attuali elezioni per via dei giochi della politica, interessato a parlarne perché con la democrazia non si scherza. Trovo stimolante questo primo pensiero: “I partiti propongono soluzioni un po’ su tutto, ma rarissimamente si tratta di idee originali che non hanno delle esperienze analoghe in altri Paesi. Tutti gli schieramenti appartengono a famiglie europee che si muovono su binari simili, se non identici. Confrontare le soluzioni italiane con quelle già sperimentate dai cugini spagnoli, francesi o tedeschi consente di uscire dal nostro ombelico e di togliere la componente di propaganda andando al cuore dell’applicabilità delle varie riforme. La politica è realtà”. Mi sembra giusto: benissimo, nel caso delle Politiche in Valle d’Aosta, guardare a temi specifici e a problemi locali da risolvere, ma questo sguardo altrove evita di sprofondare in logiche “provinciali” e chi parla poco di Europa va guardato con sospetto. Altro punto: “La politica tende a rincorrere una fiducia incondizionata e ad indurre l’elettore all’accettazione fideistica. Non bisogna credere, serve informarsi e internet, la tv, i giornali non bastano. Servono strumenti di approfondimento lenti, come solo i libri sanno essere. Un giro in libreria per un paio di acquisti mirati consente di dedicare il tempo giusto al confronto e all’approfondimento. La politica è cultura”. Come non condividere la necessità di avere elettori (e allo specchio eletti) che abbiano consapevolezza del voto e delle sfide conseguenti? E ancora, specie di fronte alla sfida della vanità e del “chi le spara più grosse”: “Segui il denaro. Nessuna soluzione è a saldo zero. Sebbene sia oltremodo legittimo per le varie parti in gara la scelta di cosa preferire nella propria agenda delle priorità, non sempre, per usare un eufemismo, sono trasparenti le conseguenze economiche. Vanno ricercate e se non ci sono vanno pretese, con domande accurate e risposte puntuali. Quanto ci costa? La politica è denaro”. Infine: “Siamo diventati degli elettori poco esigenti. Ci siamo abituati al fiato corto, richiediamo soluzioni Ikea, facili da montare, per assecondare un bisogno impellente. Poi si vedrà, ci penserà qualcun altro. Invece quel qualcun altro siamo noi. Diamo fiducia alle proposte che ci fanno vedere un modello di società complessiva nella quale ci riconosciamo, non assecondiamo il beneficio individuale che erode o trascura la prospettiva della comunità. La politica è generosità”. Scrivere quest’ultima frase immagino sia stato difficile in una logica di antipolitica che non deflette malgrado tutto. Il senso di comunità resta il segno necessario che crea la differenza.