Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
02 ago 2022

Onirico!

di Luciano Caveri

I sogni son desideri di felicità / Nel sonno non hai pensieri / Li esprimi con sincerità / Se hai fede chissà che un giorno / La sorte non ti arriderà / Tu sogna e spera fermamente / Dimentica il presente / E il sogno realtà diverrà! Cenerentola (1950) Nessuna poesia! Ma una canzoncina che arriva dal passato remoto per parlare di una parola legata al sogno. Personalmente sogno di più quando sono riposato, altrimenti quando sono stressato mi arrivano quei sogni mattutini che sono come uno squarcio. Avviene quando mi sveglio prima del solito (oggi per me la fine della notte si situa poco dopo le 5) e mi impongo di non alzarmi e arrivano sogni - anche apparentemente lunghi e complicati - che poi nella realtà sono durati un pugno di minuti.
La parola di oggi è un aggettivo, “onirico”, che pare penetrato nella lingua italiana a fine Ottocento, neologismo derivato dal greco óneiros ‘sogno’, forma ampliata di ónar, di cui fa parte il suggestivo oneiromántis ‘interprete dei sogni’. La nostra rodata Treccani annota: “riguarda il sogno o i sogni, o che avviene, che si manifesta nel sogno: attività onirica; la fase onirica del sonno; interpretazioni oniriche; visioni, immagini, scene e allucinazioni oniriche” Descrive dice ancora il dizionario: “irreale, rarefatto, fantastico: un’atmosfera onirica, poesia onirica; il sapore onirico degli ultimi film di Fellini”. Poi ci avviciniamo alla scienza: “In psicanalisi, lavoro onirico (traduzione del tedesco Traumarbeit), l’insieme delle operazioni psichiche per mezzo delle quali colui che sogna traduce il contenuto latente del sogno (e cioè i desiderî proibiti che questo tende a esaudire) in un contenuto manifesto, che possa essere accettato e, quindi, ricordato nello stato di veglia. Chi meglio di Sigmund Freud, che lessi anche sui sogni perché i suoi libri - non ho mai chiesto a mio papà il perché - erano nella biblioteca di casa. Così annotava il padre della psicoanalisi: “Anche nei sogni meglio interpretati è spesso necessario lasciare un punto all’oscuro, perché nel corso dell’interpretazione si nota che in quel punto ha inizio un groviglio di pensieri onirici che non si lascia sbrogliare, ma che non ha nemmeno fornito altri contributi al contenuto del sogno. Questo è allora l’ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda nell’ignoto” L’altro padre della materia, Carl Gustav Jung così sintetizzava: “Il sogno è una piccola porta nascosta nel santuario più profondo e intimo dell'animo. Non so dire, ma “onirico” mi piace molto perché sembra in questa sua antica origine - che illumina la poesia del greco che tanto mi preoccupava al Ginnasio con il compitino di verbi - suonare come una parola meravigliosamente misteriosa e in effetti il sogno mantiene è un sacco di segreti. Per sdrammatizzare come non ricordare l’ironia di Gesualdo Bufalino: “Come mi piacerebbe una "cura del sogno", se solo potessi sceglierli, i sogni, in anticipo, come si sceglie nella pagina degli spettacoli il film per la serata”.