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18 lug 2022

Talvolta ci salva l'ironia

di Luciano Caveri

L'altro giorno mi raccontava un amico di un suo conoscente terrapiattista con cui ha smesso di parlare, perché ormai il suo interlocutore è fissato sul punto e qualunque argomento si affronti torna inevitabilmente lì a spiegarti il "grande complotto" da parte di chi - poi perché? - vorrebbe smentire il reale mondo orizzontale esistente e vorrebbe far credere che la Terra sia invece rotonda (in realtà è, ad essere precisi, un elissoide). A me è capitato con amici "no-vax", che hanno comportamenti simili e credo che loro pensino di me quel che io penso di loro e cioè che parlarci sul tema sia inutile ed in fondo si scuotono più in profondità molte fondamenta dei nostri rapporti. Loro - ormai riuniti anche in Valle d'Aosta in congreghe che mettono assieme persone diametralmente opposte travolte da un insolito destino - sono certi e sicuri nelle loro certezze, io delle mie. Ma giuro che ho smesso di scaldarmi e, almeno in questa fase, meglio rifugiarsi nell'ironia.

Luciano De Crescenzo - che sapeva usarla con maestria - così la definiva: «La parola "ironia" viene dal greco "eironéia", che vuol dire "finzione". Cioè esprimere un'idea in cui non si crede, sperando che anche l'altro, quello che ci sta a sentire, capisca che stiamo dicendo una cosa in cui non crediamo». Ci pensavo rispetto ai molti scettici che cavalcano logiche negazionisti sulla responsabilità umana nel cambiamento climatico ferocemente in corso. Così sul "Foglio" dice fulminante e naturalmente ironico Saverio Raimondo: «Dice l'ex (e futuro...?) presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che l'innalzamento del livello dei mari causato dal riscaldamento globale porterà "un po' più di case sulla spiaggia" e puntualizza "non è la cosa peggiore del mondo". Ancora una volta Trump parla di cose che non sa: ha idea di quanta manutenzione richieda una casa al mare? La salsedine corrode tutto, peggio delle tarme o del reflusso gastrico. Per non parlare della sabbia in casa, tocca passare l'aspirapolvere tutti i giorni. E poi il mare d'inverno può essere molto deprimente, quasi quanto la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Certo è che se nessuno riesce a mettere in pratica politiche ambientali urgenti e risolutive (oltre che realistiche, cioè socialmente sostenibili) Trump sarà stato profetico; e in futuro il "Jova Beach Party" si terrà a Gubbio. Siamo pronti? Voglio dire, delle due l'una: se non siamo in grado di intervenire sul clima e invertire questo cataclisma che sta accadendo tutto intorno a noi, almeno non facciamoci cogliere impreparati dalle conseguenze. A partire dal turismo balneare, da sempre non solo leva economica del paese, ma anche valvola di sfogo sociale, orizzonte culturale, motivazione esistenziale per milioni di italiani che non aspettano altro nella vita che andare in spiaggia». Poi il vento dell'ironia gonfia la vela: «Mi domando: il Trentino-Alto Adige o il Cadore sono pronti al turismo balneare? Non basta avere già le strutture ricettive e gli alberghi, o convertire gli impianti da sci in sci d'acqua, gli slittini in pedalò e i rifugi lassù in montagna in altrettanti stabilimenti con sdraio, lettini e ombrelloni; qui serve che le Pro loco locali facciano un salto di paradigma. In primis, cambia lo storytelling paesaggistico e naturale: bisogna iniziare a raccontare le Dolomiti come fossero gli scogli più belli d'Europa, una costa calcarea da cui ci si può tuffare non più nel vuoto ma nel mare. E in parallelo promuovere le spiagge dell'Alto Adige come fossero quelle della Svizzera che, se tanto mi dà tanto, sarà la nuova Sharm el Sheikh. Bisogna sin da subito preparare gli spot e le brochure che vendano Cortina come la meta più ambita per chi fa immersioni: quale altro posto al mondo avrà come fondale marino Venezia? Ovviamente, non va trascurato il turismo enogastronomico: il mondo deve sapere che se viene in vacanza sulla costa alpina potrà degustare al chiar di luna polenta con le vongole o formaggi erborinati alle alghe, il tutto sorseggiando un mojito a base di grappa e con un battuto di pino cembro al posto dei lime, zucchero e menta. Ovviamente, oltre che per lo sport e il relax, le Alpi dovranno sapersi vendere anche come una località balneare adatta alle famiglie. Bisognerà porre l'accento sul fatto che il mare è limpido e azzurro (giusto un po' freddino, dato che fino a poco tempo prima era un ghiacciaio), e soprattutto che è un mare sicuro: sul litorale alpino non ci sono squali né ricci né meduse, al massimo qualche cervo di mare. E comunque le spiagge saranno presidiate dal corpo dei bagnini alpini, che si riconoscono perché hanno una penna nera sul costume da bagno. Sulla spiaggia i bambini potranno giocare tranquilli e con la sabbia fare castelli o canederli. Cambierà l'immaginario collettivo montanaro: le pinne e il boccaglio al posto della piccozza; e la canzone dell'estate sarà una cover di Gino Paoli: "Sapore di sale / Sapore di speck / Che hai sulla pelle / Che hai sulle labbra". Ma per il resto sarà solo un piacere mettersi al collo una ghirlanda di stelle alpine, cantare yodel sulla spiaggia e tuffarsi dove le Alpi sono più blu».