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12 lug 2022

La democrazia fragile

di Luciano Caveri

Quali sono in questa fase storica i doveri della politica? La domanda, in parte retorica, spalanca un tema importante per la credibilità della democrazia, creatura istituzionale fragile ma preziosa. E ciò avviene in un momento cruciale in un periodo niente affatto ordinario ed è facile ricordarlo a chi si fosse distratto. L'emergenza incombe perché la pandemia sta riprendendo quota, smentendo l'idea che il virus d'estate si sarebbe acquietato. Anzi, ci si avvia, in un torpore pericoloso di parte della popolazione, verso la quarta dose. Il Governo Draghi ha atteso troppo nel riaprire i centri vaccinali e farlo in vista del mese di agosto non sarà facile per le Autorità locali, su cui pesano come sempre gli aspetti organizzativi. Intanto la guerra in Ucraina prosegue ed ha innescato - anche se spesso appare un alibi - situazioni di rincari generalizzati ed un senso di disagio e di preoccupazione malgrado il periodo vacanziero. La crisi energetica con i rubinetti del gas in mano a Vladimir Putin apre scenari preoccupanti e mostra il disastro della politica energetica italiana.

In più la crisi idrica, inserita nel vasto fenomeno del cambiamento climatico, aggiunge ulteriori apprensioni e ha conseguenze anch'essa sull'economia. Situazione che pesa come ulteriore incognita sulla fragilità psicologica che già non ci abbandona da troppo tempo e che tornerà con tutto il suo peso superato quel mese di agosto che agirà ancora come sonnifero. In questo contesto spiccano gli sfasciacarrozze di diversa origine che militano, per propri interessi elettoralistici di basso livello o per il divertimento futile di bucare il pallone, a rendere il quadro politico ancora più instabile di quanto lo sia endemicamente. Spero che le persone serie e responsabili capiscano che questo gioco al massacro, già difficile da digerire quando le cose vanno bene, sia una scelta grave e intollerabile quando bisognerebbe remare tutti nella stessa direzione, mentre c'è chi sabota e crea ostacoli quando non ce n'è davvero alcun bisogno. Lascio perdere gli appelli al buonsenso e alla responsabilità, perché mi pare che quando li si fa si rischi persino il ridicolo, perché «non c'è peggior sordo di chi non voglia sentire». Il rischio è di essere, come si dice, «vox clamantis in deserto» («la voce d'uno che grida nel deserto»). Frase biblica che si ripete talvolta alludendo ad avvertimento non ascoltato, ad un tentativo di persuasione che risulti vano. Peccato che questo avvenga sulla schiena dei cittadini, troppi dei quali inconsapevoli del ruolo degli apprendisti stregoni che in piena emergenza - basta guardare gli agguati al Governo Draghi per avere un esempio - perseguono la destabilizzazione e giocano con il fuoco, attizzando le difficoltà al posto di lavorare per mitigarne i danni. Viene in mente il cinico commento di Eugenio Montale: «In altri tempi i comandanti di navi da guerra andavano a picco con la loro nave dopo aver salvato l'equipaggio. Essi erano i depositari di una responsabilità e per questo erano rispettati. Ma si potrebbe anche immaginare una civiltà che affonda dopo che i suoi capi hanno già fatto le valige». Vale in fondo per tutti e aveva ragione Martin Luther King: «Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla».