Quelle estati

La spiaggia d'oro di Porto MaurizioPer almeno una ventina d'anni le mie estati sono state dominate dal mare, anzi da un luogo di mare con stagioni che parevano infinite e anzi lo erano.
Si partiva ai primi di giugno tutti e quattro (papà, mamma, mio fratello ed io), sin da quando le autostrade non c'erano ancora. C'erano le due auto di famiglia stipate in direzione Imperia, destinazione dei nonni prima che le tre sorelle Timo (mamma Brunilde e zie Floriana ed Agostina) bisticciassero ed i tre nuclei familiari finissero in rispettivi appartamenti.
Papà stava qualche giorno poi rientrava in Valle per lavorare nella cura degli animali e finivamo nelle mani della mamma e dei cugini maschi (Giuseppe detto "Giusi", Franco e Luca) con cui si è vissuti per anni in una logica da "Banda Bassotti" sotto l'ala benevola di nonna Ines e più distante di nonno Emilio con contributo degli zii, Ulrico e Pino.

Ricordo con infinita nostalgia quelle estati. La memoria più distante è la raccolta delle pietre colorate (il top erano quelle verdi, frutto di cocco di vetro lavorati dal mare) nella spiaggia ciottolata della Galeazza di Oneglia ed anche con i cugini più grandi la realizzazione di armi di cartone e legno con materiale di fortuna. Il caricatore del mitra era la confezione tondeggiante dei formaggini "Tigre" e gli stecchi dei ghiaccioli avevano un loro utilità.
Eravamo inconsapevoli, fra un secchiello e una paletta, un pezzo di torta verde e un'albicocca presa dall'albero, quanto quelle lunghe stagioni estive sarebbero state irripetibili e restituissero il loro calore dopo così tanto tempo, malgrado fossero vicende del secolo scorso...
Il cassettone delle foto di famiglia, in un caos indescrivibile di rassegna senza filo logico, mi restituisce infante nudo in mezzo alla sabbia della spiaggia d'oro di Porto Maurizio, dove ci spostammo in fretta, e altre immagini mostrano la progressione da bambino a giovane adulto post-Maturità, quando iniziai a fare il giornalista e tutto quel ben di Dio di estati svaporò per restare nei ricordi e nel cuore.
Tappe fondamentali furono le progressive compagnie di amici imperiesi e la libertà di movimento incarnate - e chi oggi alla medesima età mia d'allora preferisce il telefonino alla moto non capisce un tubo! - prima dal cinquantino e poi dalla "Vespa 125". Arrivò anche la macchina, ma meno incidente nello scatto della crescita, anche se stiparla di amici gironzolanti ebbe un suo perché.
Nel capitolo della crescita anno dopo anno erano gli amori estivi e in primis le lettere che ci scrivevamo con le coprotagoniste degli ardori giovanili con tappa ulteriore le telefonate in "teleselezione" con voci distanti che creavano turbamento. Questa educazione sentimentale con amori che mutavano di settimana in settimana, nella dinamica adolescenziale piena di discussioni, politica, ardori e paure, è anch'essa come un film nella memoria. Quando sono tornato nei luoghi sembravo un reduce quasi patetico nella ricostruzione di quanto è difficile condividere, perché certi momenti sono così tuoi da non essere capiti dagli altri.
Certo anche allora, fuori dai miti che rendono così godibili quei momenti, c'erano problemi piccoli e quelli più grandi noi. Ma nel setaccio selettivo della memoria si tiene il buono e si butta il cattivo.
Un giorno forse, se la vita lo consentirà, sarò come mia mamma novantenne, che oggi vive in parte con ma sua mente in quei luoghi della sua infanzia, e ne chiede conto a noi, suoi figli, pronunciando i nostri nomi - «Alberto, Luciano - come solo una madre sa fare.

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