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12 mag 2022

La riservatezza non è un male

di Luciano Caveri

Dei grillini, parlandone ancora da vivi, resteranno due perle. La prima è l'«uno vale uno», destinato a scomparire con le prossime elezioni politiche, quando i parlamentari pentastellati - alcuni dei quali non classificati per manifesta incapacità - si scanneranno come belve per un seggio, reso più difficile da raggiungere con la genialata grillesca della riduzione dei parlamentari. La seconda è lo streaming delle riunioni - da sempre non previsto nelle decisioni capricciose e personali di Beppe Grillo - vale a dire l'idea che qualunque cosa dovesse essere trasmessa in diretta per trasparenza (sic!), specie su quella sconcezza che era la piattaforma dei Casaleggio, poi dismessa per questione di soldi e giochi di potere del leader ondivago, che era comico divertente prima di diventare predicatore.

Basti ricordare, dopo le trionfali elezioni del 2013, quando il segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, reo di voler trovare un accordo per un governo con i grillini, sembrava presidente del Consiglio in pectore. Ci fu la diretta voluta dai grillini e Bersani venne massacrato dalla maleducazione dei vincitori e passò la palla ad Enrico Letta, che venne successivamente cannibalizzato da Matteo Renzi. Ora questa idea della mancanza di riunioni a porte chiuse e senza comunicato stampa ogni volta che ci si vede o con "informatori" che spifferano le cose che dovevano restare silenti sembra diventata un patrimonio dell'umanità. Il che è assurdo: negoziare e discutere in incontri riservati e senza verbali o dichiarazioni alla stampa non è per nulla scandaloso. Questa modalità esiste in politica in tutti i Paesi democratici. Ci si chiude da qualche parte - senza giornalisti alla porta - per decidere le cose e quando sono mature se ne spiegano genesi e contenuti puntuali, senza bisogno di telecronache minuto per minuto o articoli che raccontino verità parziali, spesso adoperate strumentalmente. Anzi, troverei civile evitare assembramenti di microfoni e taccuini per avere spizzichi e bocconi: meglio avere una bella e trasparente conferenza stampa, quando la vicenda è chiara. Mi pare un atteggiamento logico e costruttivo. Non lo sono le "notizie del diavolo", cioè quelle diffuse ad hoc per far fallire una trattativa o per rendere più difficile cos'è semplice e basta attendere, ingarbugliando invece la situazione. Non si ha più la sopportazione di attendere un esito e di riconoscere che talvolta le situazioni si complicano o semplicemente mutano gli scenari. Nel contingente caso attuale di una crisi, purtroppo l'ennesima in Valle d'Aosta (i cui tempi si sono oggettivamente troppo dilatati e sono il primo ad essere impaziente), si costruiscono castelli in aria, spesso così distanti dalla realtà da sembrare o panzane colossali o trappole messe appositamente per minare i confronti. Faccio un altro esempio. «Si stanno spartendo le poltrone!»: cosa si dovrebbe fare quando si forma un Governo? Esistono Assessorati cui bisogna far corrispondere dei nomi, delle competenze e dei curricula, certo tenendo conto degli equilibri di forza. Come bisognerebbe fare? Tirare a sorte, fare dei combattimenti di boxe, andare in ordine alfabetico, affidarsi ad una seduta spiritica? Non direi: ci si chiude in una stanza e si decide senza che questo sia oggetto di uno scandalo. Idem per i programmi con cui si cementa un'alleanza, che servono a trovare un equilibrio fra - come si dice, purtroppo - diverse sensibilità. Non vedo alternative e fa ridere chi con demagogia e qualunquismo grida allo scandalo, pur sapendo bene che certe regole e certi comportamenti non sono schifezza da condannare, ma la normalità.