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02 apr 2022

Conte, le armi, il Vescovo…

di Luciano Caveri

C'è stato indubbiamente un periodo di popolarità di Giuseppe Conte, che è stato incoronato dai "pentastellati" come leader maximo, dopo un primo pasticcio finito in Tribunale. Ciò è avvenuto con una di quelle votazioni on line che sono sempre state una pochade ed ora a maggior ragione con il candidato unico destinato perciò a vincere... A me l'ex presidente del Consiglio quasi per caso non è mai piaciuto con questa verbosità arzigogolata ed ipnotica da "un colpo al cerchio ed uno alla botte" e la capacità di saltare dall'alleanza con la Lega a quella con il Partito Democratico come se nulla fosse. Anche l'odio-amore con Beppe Grillo si è dimostrato tristissimo come lite da condominio destinata a tornare quando lo stesso Grillo uscirà dal silenzio attuale.

In queste ore Conte - per raccattare voti dai fedelissimi rimasti attaccati al "MoVimento" - ha imboccato una via pacifista, che tanto sarebbe piaciuta (forse) a quel Padre Pio di cui, da pugliese devoto, ha il santino nel portafoglio. Stefano Cappellini su "La Repubblica" ricorda il «no» contiano all'aumento delle spese della Difesa: «Quindi c'è una grossa questione di merito: che significa "le spese militari non sono la priorità"? Per opporsi all'aumento ci sono due vie: la prima, rispettabilissima non solo perché è quella del Papa, è sostenere che le spese in armi non sono cosa buona e che, anzi, vanno possibilmente sempre ridotte se non azzerate. La seconda è sostenere che la Difesa va bene com'è, è efficiente e sicura e non necessita di alcun rinforzo nonostante lo scenario di guerra. Sono due posizioni molto diverse e inconciliabili. Se Conte è attestato sulla prima posizione, andrebbe capito come mai i suoi governi hanno aumentato negli anni la spesa militare. Se è attestato sulla seconda, resterebbe da spiegare perché al summit "Nato" del luglio 2018 l'allora ministra della Difesa Trenta promise agli alleati il raggiungimento del due per cento di spesa sul Pil a patto che all'Italia fosse consentito di tenere nel computo gli investimenti in cybersicurezza. Ma allora il presidente del Consiglio era Conte ed evidentemente si poteva fare ciò che oggi può costare a Draghi la perdita della sua maggioranza». Vedremo, anche se nelle ultime ore Conte ha cominciato a farsela sotto di dover tenere il punto. Personalmente ritengo che questa conversione pacifista sia sospetta e quoto il Vescovo di Aosta, Monsignor Franco Lovignana, che mostra sul tema una posizione condivisibile, che sul due per cento di aumento delle spese osa esporsi. Così ha detto al giornalista Enrico Martinet de "La Stampa": «Non metterei in contrapposizione il mio pensiero o quello di altri con quello del Papa. La complessità del problema non può essere ridotta a risposte secche, tipo bianco o nero. La mia intenzione era ed è di richiamare a un approfondimento e a non abbandonarsi agli slogan perché esiste un problema di fondo». E su questo Monsignor Lovignana non indietreggia: «Il diritto che un popolo ha di difendersi di fronte a una aggressione. La necessità di avere un esercito risponde a questo diritto. Ecco perché dico che questioni di tale complessità non vanno semplificate si creano contrapposizioni. Non siamo ingenui, sappiamo bene che dietro alla corsa agli armamenti ci sono anche grandi interessi, ma non va gettata benzina sul fuoco». E poi rilancia: «L'Italia ha compiuto parecchie missioni di pace molto apprezzate e davvero umanitarie. Le ha potute fare perché armata. C'è una domanda che mi angoscia. Quando un popolo decide di difendersi da un'aggressione è giusto non aiutarlo? Quando c'è stata la Liberazione chi forniva le armi ai partigiani? E' grazie anche agli aiuti di altri Paesi che noi abbiamo potuto essere liberi». Raccontavo l'altro giorno all'Ambasciatore inglese in Italia, Lord Edward Llewellyn, che ha visitato la nostra Valle d'Aosta, di come i nostri partigiani, ascoltando "Radio Londra", ricevevano indicazioni in codice su dove sarebbero state paracadutate le armi senza le quali sarebbe stato difficile combattere contro i nazifascisti. Un esempio concreto di cui l'Anpi (Associazione Nazionale Partigiano d'Italia) aveva ben coscienza, quando ai vertici c'erano i partigiani. Chissà Conte che cosa può sapere della Resistenza...