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19 mar 2022

Putin usa la denazificazione come alibi

di Luciano Caveri

«Fascista!». L'epiteto - che sia chiaro squalificante per tutto quel che porta con sé - l'ho sentito usare sin da quando avevo i calzoni corti. Era spesso adoperato a proposito e spesso a sproposito e, assieme ad "antifascismo", ho sempre pensato che certe parole vadano usate bene e non a vanvera, perché sono a rischio deprezzamento. Ecco perché condivido quanto scritto a margine della guerra da Ernesto Galli della Loggia sul "Corriere": «Dopo aver fatto per settant'anni tutto quanto umanamente possibile per screditare il comunismo - sforzo, ammettiamolo, coronato da uno strepitoso successo - la Russia sta facendo ora la stessa cosa con l'antifascismo. Renderlo per sempre una merce avariata proclamando che l'aggressione all'Ucraina condotta dal suo esercito con centinaia di donne e bambini massacrati sotto le bombe e migliaia di case sbriciolate dai missili costituisce un'eroica battaglia contro quel noto nazista che risponde al nome di Volodymyr Zelensky». Ovviamente assunto ridicolo, essendo fra l'altro il Presidente ucraino ebreo e dunque come diavolo potrebbe occhieggiare al nazismo!

In una serie di post su "Twitter" Marco Di Liddo spiega bene e li pubblico con la grafia originale: «Il problema dell'estrema destra nazionalista esiste in #Ucraina e in TUTTO lo spazio post-sovietico dallo scioglimento dell'URSS nel 1991. Movimenti neo-fascisti e neo-nazisti esistono anche in #Russia e combattono in Donbas, esattamente come il reggimento #Azov, dal 2014. Azov - per capire - è un reparto militare ucraino neonazista con compiti militari e di polizia. Inquadrato nella Guardia nazionale dell'Ucraina» Così prosegue: «Nel complesso, il reggimento #Azov conta circa 3.000 persone mentre il partito #Svoboda (piattaforma che riunisce lo spettro dell'estrema destra ucraina) conta 15.000 iscritti. #Ucraina ha circa 44 milioni di abitanti. Nelle ultime elezioni parlamentari #Svoboda ha preso il 2,15 per cento dei voti su base nazionale. L'unico candidato entrato in parlamento è Oksana Savchuk, eletta al collegio 83 di Ivano-Frankivsk. Il partito dell'ebreo #Zelensky ha preso il 43 per cento dei voti ed ha 241 seggi alla Rada. Il momento di massimo appeal della destra estrema ucraina è stato nel 2014, durante la Rivoluzione della Dignità e sull'onda emotiva popolare della Crimea e del Donbas. Gli estremisti hanno giocato un ruolo chiave negli scontri a #Kiev contro la polizia di Viktor Janukovyč. I battaglioni di estrema destra hanno combattuto al fronte, macchiandosi di crimini IDENTICI a quelli delle unità paramilitari delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. La guerra è atrocità sempre e comunque. Le accuse di crimini di guerra sono legittime contro il reggimento #Azov come lo sono contro le milizie di neo-fasciste russe attive in Donbas. Il fascismo è uguale da tutti e due i lati del fronte». Quindi "neri" su entrambi i fronti e nel caso dell'Ucraina, marginali. Ancora Di Liddo: «Nelle elezioni del 2014, la destra estrema ucraina si presentò divisa e, cumulativamente, prese circa il 10 per cento (volendo includere anche il Partito Radicale che però, su molte questioni, è più moderato degli ultranazionalisti). Quindi, in 5 anni, i nazisti ucraini hanno perso l'8 per cento. La vera colpa di #Poroshenko e #Zelensky è stata quella di non essersi liberati del reggimento #Azov e di non aver bandito del tutto le formazioni neo-fasciste e neo-naziste, probabilmente per usare la loro cieca esaltazione ideologica sul fonte. Altro errore di #Kiev è stato quello di armare con le armi occidentali anche il reggimento Azov, fattore che espone #Zelensky a pesanti vulnerabilità d'immagine. Però loro sono in guerra e noi no, contro un Paese molto più grande, ricco e militarmente potente. La guerra è guerra». Infine: «Detto questo, continuare a confondere nazionalismo con estremismo di destra puro e semplice è sbagliato e fuorviante e non tiene conto del processo di costruzione dell'identità nazionale ucraina dopo 70 anni di sovietizzazione. Inoltre, continuare a parlare della questione russofona è snervante. In Ucraina si parla russo da #Leopoli a #Kharkiv senza problemi. La questione è sull'identità e sul senso di appartenenza nazionale, non sulla lingua. #Shevchenko parla più russo che ucraino e si sente ucraino. In alcune aree di #Ucraina tale sentimento è chiaramente filo-russo, sarebbe ipocrita e falso dire il contrario. Ma si tratta di una MINORANZA geograficamente ben collocabile e che non deve essere zittita né ignorata in nome proprio dei valori per cui #Kiev combatte oggi In sintesi, accettare la tesi russa della denazificazione di #Ucraina equivarrebbe ad accettare una invasione dell'Italia sulla base dei numeri, del supporto e del peso politico-istituzionale di movimenti come CasaPound e Forza Nuova». Torniamo a Galli della Loggia: «Ma ricorrendo all'antifascismo per giustificare la propria azione (senza che dall'Anpi si sia alzata una sola voce di protesta, mi pare) Putin compie senza volerlo un'importante opera di chiarificazione storica. Mostra che dopo il 1945 quel termine può voler dire tutto e il contrario di tutto a seconda delle circostanze. E questo perché tra coloro che allora si trovarono a combattere contro Hitler e Mussolini c'è chi ha cercato di conservarne una specie di monopolio per servirsene a suo piacere per ogni uso e praticamente contro ogni avversario. Soprattutto - di nuovo Putin insegna - per coprire le azioni più riprovevoli. Sicché grandi antifascisti, sono stati prima dell'attuale avvelenatore del Cremlino alcuni tra i personaggi meno raccomandabili della storia a cominciare da Stalin. Perfino al muro che divideva in due Berlino i capi della Germania comunista affibbiarono, per renderlo accettabile il nome di "muro di protezione antifascista". Non è un caso che di fronte a questo uso à la carte dell'antifascismo né la Gran Bretagna né gli Stati Uniti - che pure qualcosa fecero per sbarazzare il mondo dal führer e dal duce - non abbiano mai imbracciato l'arma dell'antifascismo, non abbiano mai rivendicato per sé una tale qualifica. Gli è sempre bastato richiamarsi alla democrazia: convinti che la democrazia significhi anche l'antifascismo mentre l'inverso non è quasi mai vero».