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15 mar 2022

Democrazia contro autocrazia

di Luciano Caveri

Tempi difficili non solo politicamente ma umanamente. Storie di guerra fatte di crudeltà e dolore con un'umanità per larga parte attonita di fronte ad una guerra inaspettata, ma che vede tutti egualmente resi prigionieri delle circostanze. Alla fine si staglia con chiarezza la posta in gioco nel rapporto con le due grandi incognite nel mondo: la Russia e la Cina. Non che non ci siano altri Stati o gruppi terroristici che creino grattacapi all'Occidente, ma questi regimi post comunisti ormai sono autocrazie distantissime dalle nostre democrazie e come tali nostri nemici sul piano dello Stato di Diritto. Il tema non è banale e senza mettere benzina sul fuoco, perché non ce n'è affatto bisogno, siamo ad uno snodo sulla visione del futuro dell'umanità. Chi pensava - ed ogni tanto da ragazzo ci speravo - che la democrazia fosse per ogni dove il vero «sol dell'avvenire» (scusate la battutaccia) si è scontrato con una realtà cruda. Penso alle democrazie più deboli (come nell'Est Europa) che pencolano verso il rischio autocrazia e le autocrazie vere e proprie, purtroppo anche in molti Paesi nel post-colonialismo.

Vladimir Putin e Xi Jinping sono dunque la punta di un iceberg e bisogna farci molta attenzione, perché siamo ad uno scontro di civiltà sul piano del Diritto costituzionale, che resta il depositario di diritti e di doveri e dei meccanismi di funzionamento delle Istituzioni che distinguono democrazie vere da quelle di cartapesta. In certi sistemi politici non esistono antidoti e meccanismi di difesa verso derive liberticide. Le mattane di Donald Trump sono state "assorbite" dall'equilibrio dei poteri in una democrazia consolidata come gli Stati Uniti, così non è in Russia per la follia di Vladimir Putin. Il primo per pigiare il bottone per far partire i missili con testate nucleari ha una procedura con filtri (accentuati nel periodo prima del subentro del nuovo Presidente alla Casa Bianca) prima di evitare una possibile apocalisse. Mi tocca tornare - in questo periodo lo leggo con assiduità - su "Le Monde" con Gilles Paris: «La séparation du monde en deux camps, celui des démocraties et celui des autocraties, se matérialise dramatiquement dans les bombardements à l'aveugle par l'armée russe des villes d'un pays qui n'a jamais menacé son puissant voisin. Le vibrant plaidoyer du président Volodymyr Zelensky en faveur d'une entrée de l'Ukraine au sein de l'Union européenne, mardi 1er mars, relativise d'ailleurs la question restée virtuelle de l'adhésion de son pays à une "Otan" présentée comme expansionniste». E più avanti: «Comme l'a estimé Emmanuel Macron, le mercredi 2 mars, dans son allocution sur la guerre en Ukraine, "la démocratie n'est plus considérée comme un régime incontestable, elle est remise en cause, sous nos yeux". La conquête russe de l'Ukraine signifierait un nouveau recul». Più avanti sempre il Presidente francese: «Emmanuel Macron a mis en cause, le 2 mars, "une lecture révisionniste de l'histoire de l'Europe, qui voudrait la renvoyer aux heures les plus sombres des empires, des invasions, des exterminations"». Questo per dire quanto tutto - compresi i rischi isolazionisti degli Stati Uniti - porti ad una scelta decisiva: far crescere l'integrazione europea che, dopo anni di crisi, riprende quota - ed è un paradosso - a causa della minacciosa presenza di una Russia ormai fuori controllo.