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01 feb 2022

Alimentare l'antipolitica

di Luciano Caveri

Mi avvio serenamente ai 35 anni di attività politica. Infatti era il 2 luglio del 1987 il giorno in cui entrai ufficialmente alla Camera dei deputati per la mia prima Legislatura. Poi negli anni successivi, nel triangolo Roma-Bruxelles-Strasburgo, ho fatto tante esperienze elettive con una pausa sabbatica fra la metà del 2013 e la fine del 2020. Ho visto molte cose e fra queste un cambio di attitudine sempre in peggio della credibilità agli occhi dell'opinione pubblica dei politici. Verissimo che se lo (ce lo siamo) sono cercati, ma ho sempre contestato l'idea della "Casta" come il male assoluto, facendo di ogni erba un fascio, come se si fosse tutti accomunati da pigrizie varie o malaffari di diverso genere. L'antipolitica e l'antiparlamentarismo si sono nutriti di demagogia e populismo e questo ha creato fenomeni politici di qualunquismo con la punta straordinaria dei "pentastellati", ma non solo di loro, perché sono molti ad aver sparso veleni per dimostrarsi poi assetati di potere o imbranati, o entrambe le cose.

Non rimpiango il passato, ma notavo di recente che il processo di indebolimento della democrazia, nutrito anche dal disprezzo verso chiunque faccia politica (con i "social" a raccogliere il peggio del peggio), sta generando mostri e sembra talvolta essere premessa verso svolte autocratiche. Sarò pessimista ma la confusione in atto non porta bene e lo dimostra la generale instabilità politica, che prescinde dall'illusione che bastino leggi elettorali o mutamenti nella forma di governo per generare miracoli. Esiste qualcosa di più profondo e la battaglia sul Quirinale non porta bene, sembrando a tratti una sorta di "mercato delle vacche" con un sacco di truppe mercenarie pronte ad aiutare il miglior offerente. L'infedeltà alla propria area politica non è questione di vincolo di mandato e lo si vede anche ad Aosta e non solo a Roma. Perché anche da noi si rischia un progressivo svilimento delle istituzioni e il declino delle forme di partecipazione politica organizzata. Carlo Galli su "Repubblica" ha osservato la battaglia attorno al Capo dello Stato con occhio preoccupato: «Già predomina il fastidio per bizantinismi, per tatticismi incomprensibili se non agli analisti di professione. Un fastidio che sta evolvendo verso l'indifferenza, l'estraneità. Il germe dell'antipolitica, del qualunquismo, non è stato eradicato; serpeggia nelle menti e nella società, ed è forse in via di riemersione. Questa elezione presidenziale può essere un'occasione perduta: per i cittadini che forse erano orientati a riconciliarsi con la politica; e per la politica, che avrebbe avuto la possibilità di manifestare la propria efficienza». Poi Galli torna sull'attualità: «In ogni caso, se non verrà dai partiti un soprassalto di responsabilità, se non esprimeranno una capacità politica, quel gioco - non solo l'individuazione del prossimo inquilino del Quirinale ma l'intera dimensione politica - interesserà sempre meno i cittadini, che, non potendone essere i protagonisti, nemmeno indirettamente, e comprendendo sempre meno le mosse dei giocatori, probabilmente si rifiuteranno, esasperati, di ridursi a spettatori di un'attività inutile. E sarà una nuova stagione di antipolitica, benché la prima non abbia prodotto nulla di buono». Questo vale pari pari anche per la piccola Valle d'Aosta. La salvaguardia della democrazia è una responsabilità della politica, se credibile, ma con l'aiuto dei cittadini che ci credono. Sono in tanti, siamo in tanti che ritengono che la politica non sia una "cosa sporca" e che mettere tutti nel mucchio è offensivo e illogico. Ma è altrettanto sbagliato restare semplici spettatori da "bar Sport".