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09 dic 2021

Andare a vivere in montagna

di Luciano Caveri

Esiste una morsa che rischia di schiacciare la comunità valdostana, cominciando da alcune località più piccole che hanno visto nel tempo ridursi al lumicino la popolazione residente. Infatti allo spopolamento, che ha ingrossato dapprima la popolazione della città di Aosta poi in parte spostatasi verso i Comuni di una cintura sempre più larga nelle vicinanze, si sta aggiungendo un crescente crollo demografico. In più sta venendo meno la natalità degli immigrati, chiamati un tempo extracomunitari, che emigrano verso altri Paesi europei. Morale: la popolazione invecchia e molti paesi cominciano ad avere numeri che preoccupano per la loro stessa sopravvivenza. Ora si apre, come fenomeno possibile del post pandemia, l'ipotesi di spostamenti di popolazione dalle grandi città, che sono interessanti e li descrive bene nell'esempio francese Sylvain Courage su "Obs".

«De quoi rêvent les citadins du XXIe siècle? D'un pavillon sur son lopin, d'une charmante maison de village, d'une longère dans les prés ou d'une villa les pieds dans l'eau… Et ils sont, ces temps-ci, de plus en plus nombreux à réaliser ce fantasme d'une "nouvelle vie" au grand air. Quitter les grandes villes? Selon le baromètre des territoires Elabe, un urbain sur cinq serait candidat à l'exode, notamment les jeunes couples et familles vivant en appartement et dans les grandes agglomérations. Un projet qu'un quart des répondants jugent réalisable rapidement. "Ces dernières années, on estime que cinq millions de gens ont déjà déménagé. Mais ce n'est sans doute qu'un début", calcule le sociologue Jean Viard, qui voit là se réaliser un "mouvement de fond". Une mutation accentuée par la crise sanitaire et qui pourrait changer peu à peu le visage de la France». Interessante, pensando alle molte riflessioni sul tema avvenute in Italia. Dal pensiero che le montagne potessero essere ripopolate da migranti, che hanno ben altri pensieri sul loro inserimento in Occidente, ad esempi come avviene nel vicino Piemonte, che ha previsto prebende per le famiglie che vogliano spostarsi «lassù sulle montagne» con il rischio di attirare perlopiù chi voglia prendere del denaro senza avere alcuna vocazione reale o attirare romantici che inseguano probabili utopie rousseauviane. Così prosegue sugli spostamenti via dalle città francesi l'autore dell'articolo: «Une telle façon de vivre n'est certes pas à la portée de tous. Mais la hausse des prix dans les aires urbaines a mis la migration bucolique à la portée des classes moyennes actives et des retraités. Nouvelle valeur en hausse: la proximité. Comme si, par opposition à la globalisation, la crise sanitaire avait conduit à un repli sur le cercle familial et à l'adoption d'un mode de vie local idéalement représenté par la sociabilité provinciale, le commerce de proximité et l'agriculture en circuit court. Un pied à la ville, l'autre à la campagne, les rurbains d'aujourd'hui sont toutefois bien différents de leurs aînés soixante-huitards tentés de rompre avec le système par l'élevage des chèvres. "Le nouveau modèle post-métropolitain n'est pas un rejet de la ville, qui demeure le lieu du travail, de la rencontre et de la fête", assure Jean Viard. Accusés de faire flamber les prix de l'immobilier dans leurs territoires d'élection, les ex-citadins sont parfois fraîchement accueillis. Entre "Parisiens" (terme générique) et autochtones, de nouveaux conflits d'usage apparaissent, notamment au sujet de l'agriculture et de la chasse. Mais les collectivités locales, elles, ne s'y trompent pas. Ayant pris la mesure des retombées positives de l'exode urbain, elles rivalisent de communication pour capter le pouvoir d'achat des rurbains et faciliter l'implantation des néoruraux». Certo il tema così posto è complesso, quel che è certo è che esiste uno spazio anche per la montagna come la nostra. Da tempo, in una logica interna, si pensa a come contrastare l'urbanesimo del passato. Ora l'uso intelligente dello "smart working", emerso in tempo di lockdown, apre prospettive per i lavoratori valdostani che vogliano rientrare nei Comuni di origine, lasciando la Plaine attorno ad Aosta, ma questo vale anche per chi - in primis i turisti affezionati - decida di spostare le famiglie da noi. Facile immaginare una stanzialità cui si aggiungano spostamenti in città quando necessario per ragioni di lavoro in presenza. Magari sono solo pensieri in libertà, ma anche una pista da seguire con progetti concreti nel solco dei fondi comunitari e con risorse interne. Ovvio che bisogna aggiungerci anche misure per contrastare la denatalità a favore delle famiglie, facendo leva non solo sui possibili e dovuti sostegni, ma anche sull'orgoglio di una comunità valdostana che rischia di ridursi sempre di più sino quasi - facciamo gli scongiuri - a spegnersi.