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09 dic 2021

Montagna sacra nel Gran Paradiso?

di Luciano Caveri

Ogni tanto capita di perdersi una notizia. Per caso ho sentito per radio questa storia, così riassumibile: il Monveso di Forzo è una cima di 3.322 metri, che si trova nelle Alpi Graie al confine tra il Piemonte e la Valle d'Aosta, nel Parco nazionale del Gran Paradiso, che è già area protetta con molte regole da rispettare. Lato piemontese c'è il comune di Ronco Canavese in Val Soana che ha una frazione che si chiama Forzo, mentre in Valle d'Aosta il territorio si trova nel comune di Cogne. E' stata scelta per una proposta inedita di un gruppo di ambientalisti, che vorrebbe trasformare i luoghi in una cosiddetta "montagna sacra", inaccessibile cioè agli alpinisti. Sobbalzo!

Trovo poi su di un sito (ehabitat) la spiegazione sintetica, risalente a un mese fa: «Istituire una "Montagna Sacra", e pertanto inviolabile, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. E' la proposta affascinante e sovversiva per celebrare il centenario dell'area protetta, istituita nel 1922. L'aggettivo "Sacra", con quella maiuscola iniziale, può sembrare spiazzante per la nostra cultura occidentale. Non si tratta di una sacralità religiosa ma laica: indica un luogo in cui la padrona è la Natura, e l'uomo può solo contemplarne dal basso la bellezza. (…) Se il progetto diverrà realtà, la sua vetta sarà simbolicamente dichiarata inviolabile dall'uomo. Non ci sarà tuttavia nessun divieto formale né sanzione ai trasgressori. L'interdizione all'accesso sarà una scelta suggerita che verrà rimessa alla sensibilità personale degli alpinisti». Affascinante e sovversiva? Non posso crederci! Trovo poi su "Il Post" un'ulteriore approfondimento su questa storia bislacca della montagna sacra inventata a tavolino: «Ce ne sono altre nel mondo, come il Machapuchare in Nepal, il Kailash in Cina, e l'Uluṟu o Ayers Rock, nell'omonimo parco nazionale australiano. Ma a differenza di queste montagne, che le comunità locali considerano sacre in senso religioso, nel caso del Monveso di Forzo l'aggettivo non ha nulla a che fare con la religione. "La più antica etimologia del termine, d'altra parte, indica un luogo elevato e inaccessibile, affascinante, a prescindere dal culto religioso", dicono i promotori. Se l'idea verrà accolta, il Monveso di Forzo diventerà una montagna in un certo senso restituita alla natura, da cui escludere ogni presenza umana». Che Monveso, che viene dal latino "Vesulus" ("visibile" o, al limite, "altura") abbia a che fare con "inaccessibile" o "affascinante" non so dove lo abbiano studiato. Capite, però, la sostanza. La Natura per questi ambientalisti esclude l'uomo, come se fosse un elemento estraneo, una specie di accidente di cui disfarsi e non la chiave di volta della consapevolezza intelligente e sistematica del nostro pianeta dove la razza umana si è sviluppata. Che poi questo capiti sulle Alpi, sede di antiche civiltà che hanno vissuto e forgiato l'ambiente naturale, è davvero grottesco e dimostra una vera e propria deriva politica. Questa vicenda diventa dunque esemplare di un fossato che si crea fra certo ambientalismo ed una montagna che va vissuta, praticata, abitata dall'uomo nel rispetto di un ambiente naturale di cui fa parte. Il resto è una specie di abbaglio ideologico anti-umanista ed in fondo suicidario. Leggo poi altrove - e per fortuna - che in data 13 luglio scorso, il presidente del Parco del Gran Paradiso Italo Cerise e tutti i consiglieri si sono espressi contro l'ipotesi che l'ente parco faccia proprio il progetto presentato. Conoscendo Italo, che ha avuto ed ha un ruolo essenziale nel saldare comunità locali e tutela del Parco per evitare le incomprensioni del passato, non avevo dubbi. E' un montanaro colto e consapevole per studi e bagaglio amministrativo e scientifico e me lo immagino attonito di fronte ad una proposta apparentemente romantica e visionaria, che invece ha un nocciolo divisivo e incongruo, che immagina una sacralità senza la presenza umana che la concepisce. Un paradosso vero e proprio. Peccato che non ci sia più un Mario Rigoni Stern per mettere ordine in certe storie cervellotiche che piacciono a quegli ambientalisti che vorrebbero in fondo niente altro che una montagna senza quel rompiscatole dell'homo sapiens. Io farei a meno di loro, che vogliono sacralizzare una montagna senza avere un dio per farlo.