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01 feb 2021

La cupezza della pandemia

di Luciano Caveri

Capita di incontrare, sia che ciò avvenga sul piano personale nella vita quotidiana sia che si verifichi nella corrente attività politica, degli imprenditori e dei lavoratori del tutto disperati per le conseguenze della pandemia. Momenti emotivi ed empatici da non sottostimare, perché colpiscono al cuore la nostra comunità e c'è chi stenta a trovare un minimo di luce per il futuro. I danni economici, l'impatto sociale e il peso psicologico sono del tutto evidenti e ci avvolgono come una rete fittissima e depressiva. Io solidarizzo in tutto e per tutto con queste persone e le loro famiglie. Colgo - a livello diverso di gravità - la disperazione, la paura e quel senso di incertezza che pesa moltissimo. Quando non si sa quanto capiti l'indomani, figurarsi come si può immaginare di fare nelle settimane e nei mesi a venire. Ci sta l'incertezza derivante dal virus, ma a fattore comune dobbiamo ammettere che il "gioco dei colori" regione per regione e moltissime misure derivanti da misteriose decisioni romane restano incomprensibili nel loro senso compiuto.

Purtroppo la pandemia da arginare, che resta una priorità e dunque nessuno spinge al lassismo ed al calare le braghe, non deve consentire di essere disattenti all'economia. Nel caso della Valle più si scende nel baratro della crisi economica e più tutto ci torna in testa come un boomerang per via del meccanismo del riparto fiscale che alimenta l'Autonomia valdostana. Ed a proposito di Autonomia che sia chiaro che i suoi limiti appaiono chiari nelle parole della Corte Costituzionale con cui è stata sospesa la legge regionale votata dal Consiglio Valle e che apriva ad un'applicazione sul nostro territorio delle misure nazionali che fossero logiche e certo non complici del... "covid-19". Ricordate il perché della prima Autonomia valdostana del 1945 attraverso il fondante decreto luogotenenziale? Così l'articolo 1: "La Valle d'Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari". Ebbene questo - nel caso della pandemia non c'entrano le lingue - vale come evocazione logica sul perché ci debba essere originalità nelle decisioni da assumere da noi e non va bene quella logica impositiva dello Stato, correggibile solo in modo limitato dalle ordinanze regionali. La leale cooperazione, a maggior ragione dopo la nascita della Regione autonoma vera e propria, dovrebbe essere il caposaldo sul piano giuridico e su quello politico. Nessuno è in grado dal centro di valutare sino in fondo le nostre ragioni ed immaginare di imporre norme unitarie e cieche è un abbaglio dello Stato nazionale. Per questo esiste il regionalismo differenziato, che non è un privilegio, ma la considerazione che la democrazia locale è in grado di reagire da sola su molte questioni e quando non ce la faccia, come nel caso globale dei vaccini, è giusto chiedere aiuto alla Repubblica, che è quella entità che racchiude tutte le istanze di governo. Questa è la sussidiarietà, la cui alternativa è il centralismo, che nel caso in esame è sembrato spesso inetto, se non persino vendicativo con chi ha cercato soluzioni adatte alle proprie esigenze. Sempre mettendo assieme, con evidente equilibrismo, le logiche sanitarie e quelle di mantenere una vita che non sia fatta solo di confino e di chiusure. Bisogna cambiare registro, specie ora che risulta evidente che piano piano la fine della pandemia si allontana nel tempo fra vaccini insufficienti e varianti perniciose del virus. > Come convivere è il punto.