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23 dic 2020

Biglietto d'auguri e "Whatsapp"

di Luciano Caveri

Ormai sono una rarità i bigliettini d'auguri postali di buone feste. Quelli che arrivano sarebbero da collezionare e da tenere fra le cose care. Un tempo, agli esordi del mio impegno pubblico, erano un profluvio riceverne e inviarne. Da deputato - e si parla ahimè di molti anni fa - mi ero fatto venire l'idea che dovessi davvero intestarli e persino autografarli. Con i miei collaboratori dell'epoca si organizzava una sorta di catena di montaggio, procedendo a tappe rispetto all'insorgere del crampo dello scrivano. Roba sobria, naturalmente, cui faceva da contraltare la ricezione di bigliettini spesso al limitare del kitsch. Oggi tutto è cambiato e l'inesorabile e rapida digitalizzazione ci priva di buste nella cassetta delle lettere ed in certi casi della difficile decrittazione delle firme in calce. In compenso il telefonino con "Whatsapp" e la posta elettronica subisce un attacco degno di Fort Alamo.

In un crescendo questo assalto aumenterà nei giorni a venire e si placherà solo alla fine del 25 dicembre con qualche ultimo residuo. Per poi ripartire con la venuta del nuovo anno che, dopo il pessimo 2020, si condirà di una marea di scongiuri. Ormai la varietà di messaggi digitali ha una gamma impressionante. C'è chi è tacitiano, chi poetico, chi romantico, chi sbrodolante. Ci sono messaggi colorati, animati, cristiani e laici. Ci sono i seriosi e gli spiritosi. I filmatini si animano in diversi contenuti, la maggior parte standard, altri personalizzati. Questi ultimi evitano la triste impressione, condivisa con certi messaggi grigi, che si sia fatta l'intera rubrica in un colpo solo. Alcuni di questi sono così banali da non meritare neppure una risposta. Idem: mai e poi mai i vocali, già odioso nell'ordinario, figurarsi nei festivi! Leggevo su di un sito alcuni punti, che vorrei emendare:

"Non usare il punto alla fine della frase: su "Whatsapp" tendiamo a riempire le frasi con emoji, punti di sospensione e quant'altro per cercare di imitare i gesti della lingua parlata e spronare così il destinatario a continuare il discorso. Il punto è l'esatto opposto: si tratta di uno stop definitivo, una chiusura di parte che testimonia la volontà di mettere fine alla discussione. Per questo ci segnala rabbia o stanchezza e bisognerebbe evitarlo nonostante sia il modo corretto di rispettare la punteggiatura della frase". Meglio un emoji dalla spiccata vocazione natalizia. "Attento alle emoji: e proprio a questo proposito usane quante ne vuoi, ma utilizza quella giusta. Alcune faccine sono ambigue e, a seconda del contesto, potrebbero dare il messaggio sbagliato. Ad esempio, la faccina ammiccante potrebbe essere interpretata sia come un tentativo di flirt o come uno scherzo; quella che suda freddo significa imbarazzo o che te la sei cavata per un pelo? Infine, l'emoji che ride a denti stretti è una smorfia di dolore o di gioia?". A Natale puoi... "Usa un solo punto esclamativo: il punto esclamativo serve per dare enfasi alla conversazione e sottolineare la forza del messaggio. Ma se ne usi troppi, il messaggio che passa è un urlo in faccia ai contatti. E' vero, proviamo a compensare la mancanza dei gesti e della comunicazione non verbale, ma spesso rischia di diventare fastidioso." Tipo «Buon Natale!!!!». Eccessivo... "Sii formale quando serve: stai scrivendo al tuo capo o a un tuo collega? Allora evita i messaggi vocali, stai attento alla punteggiatura e riduci al minimo le emoji. Un pizzico di attenzione che può tornare utile nel rapporto quotidiano in ufficio". Anche a Natale... non puoi, insomma.