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07 dic 2020

La flambée autonomista

di Luciano Caveri

E' interessante come gli ultimi avvenimenti politici in Valle d'Aosta abbiano acceso una forte flambée autonomista nelle persone più varie. La forte aggressività di esponenti governativi, fatta in certi casi persino di insulti e di grevi minacce, ha come acceso una miccia. Il troppo stroppia ed anche i più pazienti ad un certo punto possono perdere la pazienza. Lo posso dire per la mole di messaggi e di telefonate ricevute, che certo rappresentano una porzione dell'opinione pubblica, ma si tratta di una parte molto significativa. Ho visto ravvivarsi un senso identitario a protezione del nostro ordinamento. Non mi pare, per fortuna, una spinta solo emotiva, ma si evidenzia nel fondo qualche cosa che si era sopito e che l'aggressività dello Stato ha risvegliato bruscamente.

Facile dire - da chi non ne comprenda a fondo le radici - che tutto avvenga esclusivamente perché si è toccato il portafoglio. Se anche così fosse, per altro, non ci sarebbe nulla di male, ma la spinta questa volta mi appare come un fuoco sopito, rimasto sotto la cenere. Sono nato e cresciuto autonomista per influenza familiare e per scelta personale, approfondita culturalmente ben prima che il caso mi portasse in politica. Il cammino poi si è rafforzato con le esperienze nei diversi ruoli elettivi e ritenendo come tutto debba essere accompagnato dallo studio in un mondo che cambia con una rapidità sorprendente. Molte volte mi sono chiesto se certe battaglie politiche, nel nome della nostra autonomia speciale, fossero un elemento élitario e cioè che non ci fosse più una corrispondenza esatta con la popolazione. Devo dire che questa volta ho invece avuto conferma di una mia speranza e cioè che in momenti decisivi quella patina di indifferenza sparisca, quando appunto la posta in gioco diventa forte. Aggiungerei che altro elemento che ha scatenato la reazione è la profonda incomprensione non solo politica manifestatasi da Roma (ma i giornali milanesi hanno messo il carico da novanta) nei confronti della montagna, descritta in maniera grottesca da troppi commentatori. Cosa diavolo abbiamo fatto come montanari per suscitare certe antipatie al limite dello sberleffo? Perché la nostra economia sembra essere presa sottogamba come se i nostri territori fossero solo montagne e boschi e non antiche comunità? Come mai si irride allo sci come se fossimo assassini di noi stessi e un gruppo di gigioni e di ciucchi che brindano al virus? Non ci siamo. Sono profondamente offeso e penso che mai come oggi la coesione sia necessaria per resistere. Non si tratta di preparare chissà quelli difese "contro Roma", ma si tratta di credere nel nostro Statuto speciale e nel buonsenso, che va persino al di là degli aspetti giuridici. Buonsenso che serve per capire che cosa sia l'eguaglianza, che non vuol dire trattare tutti nello stesso modo in modo grezzo, ma adeguare anche norme e leggi ai diversi particolarismi proprio per porre tutti sullo stesso piano. Per noi, in sostanza, l'Autonomia.