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16 set 2020

8) Diario di un candidato

di Luciano Caveri

I "social" sono uno strumento straordinario in uno scenario digitale che incalza. Leggevo, giorni fa, dell'ultima trovata di Elon Musk, che ha presentato alla stampa "Gertrude", il maiale con un chip grande come una moneta impiantato nel cervello. Questo progetto "Neuralink" nelle intenzioni del geniale e bizzarro miliardario «garantirà il futuro dell'umanità come civiltà connessa all'intelligenza artificiale». Questo solo per dire che l'evoluzione tecnologica ha avuto sviluppi pazzeschi, ma storie come queste prefigurano sistemi che vanno ormai al di là di qualunque fantascienza. Nel concreto e senza, per ora, voli pindarici, se guardiano alle elezioni regionali e comunali ci si accorge di come nel breve volgere di pochi anni molto sia cambiato e tanto sia rimasto inspiegabilmente uguale.

Se uno dovesse cominciare dal fondo - pensando anche ai rischi della pandemia in peggioramento - ci si può interrogare su quanto siano anacronistici i seggi elettorali. Saremo in coda (code lunghe con tre schede, distanziamento e sanificazione) per andare, come nel tempo che fu, in un seggio, dove una Commissione ci fornirà - con presentazione del certificato elettorale e, se non noti, di un documento d'identità - una matita copiativa e dei pezzi di carta con simboli diventati ormai persino a colori. Dentro la famosa e di questi tempi insana cabina elettorale, esprimeremo a memoria la nostra preferenza. Finita l'operazione ci restituiranno il foglio timbrato per dire che abbiano votato. A seggi chiusi ci sarà lo spoglio, ormai centralizzato, con spostamento di schede e procedure ottocentesche di sigilli e verbali. Basterà un intoppo per accumulare ritardi impensabili con le tecnologie che avremmo a disposizione. Una storia ridicola, se ci pensiamo, ma ogni volta che si propone come modernizzazione praticabile il voto elettronico, spunta il complottista di turno che agita hacker e brogli e così si resta alla matita. Un giorno, con una roba nel cervello, i nostri nipoti voteranno con un batter di ciglia e le regole attuali saranno studiate dagli antropologi per capire il perché di questo rituale ancora in atto del voto manuale. In senso inverso va chi si lancia in campagne elettorali solo digitali con risultati goffi e spesso fuorilegge, come chi spedisce mail a raffica a privati cittadini senza averne autorizzazione o chi lo fa su mailing list di associazioni per vantarsi dei suoi risultati in Consiglio Valle. Sui "social" poi esplode l'inventiva con tutto di più e non si può negare come questi media possano essere molto efficaci se usati con competenza, ma anche un terribile boomerang se si sbaglia. Penso al martellamento eccessivo con elettori che non ne possono più. specie quando a farsi vivi sono persone candidate mai conosciute. Dietro lo schermo e non di persona si costruiscono personalità e si comunicano messaggi che dovrebbero rendere allettanti anche i più mosci e dilettanti allo sbaraglio con una finzione ridicola. Per me, a parte il blog, "Twitter" e "Whatsapp" dove mi nuovo in personale autonomia e senza suggeritori, la scelta è stata di non entrare in "Facebook" ed in "Instagram". Scelta fatta da tempo e cambiare idea in questo momento sarebbe stato ridicolo, sia perché neofita (usare esperti e staff si scontrerebbe con le mie convinzioni) sia perché non avrei avuto il tempo di acquisire quei contatti necessari per avere efficacia. Ma esiste qualcosa di più profondo e che riguarda il senso di comunità. Sarebbe ridicolo che, per chi ci crede, di cedere alla tentazione di rendere solo virtuali i contatti con le persone e, pur come dicevo avendo già una buona presenza digitale, considero la logica frontale importante per ciascuno di noi. E se già lo sapevamo, va infine aggiunto che nulla più della pandemia ci ha confermato, specie nel confinamento, quanto siamo per necessità animali sociali e non solo... social.

Diario di un candidato

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