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30 ago 2020

Il partito degli astensionisti

di Luciano Caveri

Il degrado della vita pubblica valdostana è certamente dimostrato da queste elezioni anticipate, a soli due anni dal voto alle Regionali del 2018. Di questo si parla poco, purtroppo, perché molti dei responsabili di questa situazione, fatta di voltafaccia, incapacità e faciloneria, sono di nuovo in lista come se nulla fosse, compresi alcuni che per ragioni morali o giudiziarie avrebbero dovuto evitare di candidarsi. Intanto la democrazia valdostana trema, perché non sono la numerosità delle liste e la quantità dei candidati un indice di buona salute, se intanto l'esercizio del voto da parte dei cittadini cala. Nell'ultima tornata, già affollatissima di potenziali consiglieri regionali, il dato dei votanti si fermò al misero 65,12 per cento contro il 73,03 per cento di cinque anni prima.

Ha scritto, anni fa, sul suffragio universale il costituzionalista Michele Ainis: «La Carta del 1947 disegna il voto come un diritto, ma altresì come un "dovere civico" (articolo 48). In altri tempi non era solo, come oggi, una sorta di dovere morale (e dunque soggettivo e discrezionale), perché i cittadini non votanti per le elezioni delle Camere, venivano sanzionati (dpr n. 361 del 30 marzo 1957). Diceva l'articolo 4: "L'esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese". Ma c'era ben di più all'articolo 115: "L'elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco. L'elenco di coloro che si astengono dal voto senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell'albo comunale. Per il periodo di cinque anni la menzione "non ha votato" è iscritta nei certificati di buona condotta"». Naturalmente sappiamo tutti benissimo che la sanzione per coloro che non vanno a votare non è più in vigore. La norma è stata abrogata nel 1993. Giusto che così fosse, ma oggi - potenza delle norme in parte grottesche della privacy - chi non partecipa al voto non è identificabile e mi spiace, perché sarebbe interessante per chi fa politica poter interloquire con chi sceglie non disertare le urne, per capirne le motivazioni e comprendere quale sia l'eventualità di questo primo partito dei "non votanti". A questo proposito scriveva, anni fa, sul "Corriere della Sera" il giornalista Marco Cianca: «Il distacco è in realtà senza confini politici, invade tutte le aree sociali. Apatici, rancorosi, indifferenti, indignati, disgustati, delusi, cinici, nichilisti, nostalgici, paurosi, apocalittici, idealisti, disperati, attendisti, insofferenti. L'astensione ha mille volti, è un moto dell'animo. Non esiste, non può esistere, un partito dell'astensione. Troppo diverse le motivazioni, le idee, le culture, gli obiettivi. Ma il filo comune del rifiuto dell'attuale politica rischia di trasformarsi in un cappio che strangola le libere elezioni». Io mi rifaccio ad Adriano Olivetti, imprenditore illuminato ed utopista, già nel 1949, teorizzando le Comunità, metteva in guardia dalla crisi del parlamentarismo: «Il mandato politico, nella sua vera essenza, è soltanto un atto di fiducia degli uomini in un altro uomo. Quando la fiducia non c'è, la democrazia muore». Questo vale, nel caso valdostano, anche per le fondamenta dell'ordinamento Autonomista, che si giustifica non solo rispetto alle motivazioni storiche e giuridiche, ma dovrebbe corrispondere, nel limite di una ragionevolezza ad un idem sentire. Perciò l'esercizio del diritto di voto è importante e certi livelli di astensionismo cessano di essere fisiologici e diventano un allarme che risuona fortissimo. Anzitutto per chi fa politica e concorre alle elezioni e si trova di fronte ad un mondo di astensionisti con cui è ostico dialogare. Ha ragione, infatti, il politologo Alfio Mastropaolo: «Da un lato l'astensione è cresciuta, dall'altra è cresciuta pure la quota (è circa la metà) di astensionismo intermittente, che ha un significato ben diverso dall'astensione sistematica. Lungi dal costituire un segno di rifiuto, l'astensione può in tal caso essere un avvertimento consapevolmente inviato alla politica». Ma come dialogare con degli sconosciuti?