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15 ago 2020

Direzione Ferragosto

di Luciano Caveri

Il tempo passa molto in fretta e la prua di questa estate si dirige ormai verso il Ferragosto, che resta un giorno da sempre sopravvalutato in un'Italia che somiglia ancora a quella ormai inesistente della chiusura forzata di agosto con ferie obbligatorie in logiche fantozziane. Ma così è per antica abitudine, che ci porta a logiche da formicaio e da "tutto esaurito", quest'anno segnale apprezzabile, dopo mesi difficili e con il periodo che verrà denso di incognite. Il comico Enrico Bertolino, in una bella intervista al "Corriere", alla domanda «Come sarà settembre?» risponde caustico: «All'insegna della vendetta dell'infettivologo che andrà in giro a dire: ve lo avevo detto».

Già, ora che la mia vacanza volge al termine - passata in Sicilia, prima in giro e poi stanziale per qualche giorno - osservo tre cose semplicissime. La prima è che il distanziamento sociale ha subìto un colpo mortale durante la bella stagione. Lo capisco bene e mi accorgo di esserne stato anch'io complice, malgrado gli sforzi per praticarlo. Per cui non faccio la morale a nessuno, sperando di non pagare le mie colpe, ma notando che - modus in rebus - ci sono stati tassi di abbandono delle precauzioni ben diversi gli uni dagli altri. Quel che è certo è che, spiace dirlo, non ho mai visto reali interventi di nessuna autorità pubblica che sanzionasse certe macroscopiche esagerazioni non so se per scelte superiori di tolleranza o per una generalizzata complicità. Certo pesa come un macigno - eccoci alla seconda considerazione - la totale assenza di politiche di contenimento e di necessaria repressione, oltre certi livelli di guardia, del diffondersi con logiche piramidali di teorie antiscientifiche che hanno fatto una presa incredibile non solo fra chi è ignorante, e dunque debole rispetto a rischi di suggestione, ma anche fra persone che conosco bene e che, pur avendo tutti gli strumenti per non farsi abbacinare, si sono ritrovati nelle braccia di teorie complottiste. Anche in questo caso avviene con evidenti gradazioni: dai "negazionisti" al cento per cento che esprimono persino con aggressività le loro teorie a chi ormai sbandiera un vivo scetticismo sul "covid-19" come un fenomeno minore amplificato ad arte. La terza considerazione è gioiosa, per fortuna. Ed è come questa estate strana e sbilenca mi abbia insegnato, e mi parrebbe un sentimento collettivo, ad apprezzare di più tante piccole cose, che erano date per scontate nella routine quotidiana. Penso che sia capitato a tutti pensare a quanto sia bello un caffè all'autogrill o un bagno in mare, un aperitivo all'aperto o una visita ad un museo. Certe privazioni di piccoli e grandi libertà hanno cagionato l'evidente reazione di scoprirne l'importanza data per scontata. E questo vale in modo evidente per i rapporti umani, che sono stati mediati per mesi con "Skype", "Whatsapp", "Zoom" e le altre piattaforme, che tutti abbiano finto di considerare come geniali possibilità sostitutive di incontri e riunioni. Sapevano bene che nulla può sostituire davvero la vicinanza fisica di cui, anche nel lavoro, abbiano bisogno. Da qui ripartiamo fra attese e speranze.