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25 apr 2020

Lettera a Sant'Anselmo di Aosta

di Luciano Caveri

Illustrissimo Sant'Anselmo d'Aosta, quest'oggi, da calendario, Lei viene ricordato per un'anniversario, quello della sua morte, ricordata attraverso i secoli per la sua straordinaria grandezza, che non a caso l'ha portata ad assurgere a Dottore della Chiesa. Ricordo con viva emozione, come se la sua presenza in spirito ci fosse stata davvero in quel momento, la straordinaria occasione che ebbi di visitare la "Sua" Cattedrale di Canterbury, nella città del Kent dove Lei morì, appunto il 21 aprile 1109, all'età di settantasei anni, quando ne era illustre arcivescovo. Quella meravigliosa costruzione è, ad essere precisi, la "Cattedrale primaziale metropolitana di Nostro Signore di Canterbury", attorniata da un vero e proprio complesso, che tra l'altro ha ottenuto dall'Unesco il label di "Patrimonio dell'umanità" e chi, come me, lo ha visitato non ha dubbi sul suo splendore e sul suo valore simbolico.

Era il 21 aprile 2006, quando fu inaugurato e consacrato, nella cattedrale inglese, un altare-sepolcro, donato dalla Valle d'Aosta alla comunità così legata alla Sua vita, realizzato in marmo verde delle cave valdostane. Autore dell'opera, oggi visibile nella chiesa, era stato l'artista londinese Stephen Cox. Benedetto XVI, in un'udienza generale di qualche settimana fa, ha ricordato la Sua grandezza di in occasione dei 900 anni dalla morte. Disse il Papa, oggi Emerito: «Monaco di intensa vita spirituale, eccellente educatore di giovani, teologo con una straordinaria capacità speculativa, saggio uomo di governo ed intransigente difensore della "libertas Ecclesiæ", Anselmo è una delle personalità eminenti del Medioevo, che seppe armonizzare tutte queste qualità grazie a una profonda esperienza mistica, che sempre ebbe a guidarne il pensiero e l'azione». Già, l'azione! Per questo la voglio ricordare e tra breve lo farò - a beneficio degli altri che ci leggono - con un pezzo della sua biografia, che illustra come accanto all'uomo di Fede ci fosse anche in Lei un aspetto politico che Le fa onore. E questa Sua risolutezza, in mezzo a certe crisi come l'attuale che colpisce l'umanità, diventa come un punto di riferimento di coraggio e di coerenza. Fa strano che in Valle altri Santi l'abbiamo superata nella devozione popolare - come Sant'Orso o San Grato - quando l'autorevolezza e la certezza storica della Sua figura troneggiano con grande evidenza. Lo stesso vale per un San Bernardo, spesso trascurato, ma di cui in realtà non si ha l'enormità di materiale, scritti compresi, che Lei ci ha lasciato. In "Santi e Beati", sito utile per avere sintesi interessanti, si parte dall'Etimologia "Anselmo, protetto da Dio, Dio gli è elmo, dal tedesco" e dal suo emblema "Bastone pastorale". Così nel Martirologio Romano: "Sant'Anselmo, vescovo e dottore della Chiesa, che, originario di Aosta, fu dapprima monaco nel monastero di Bec nella Normandia in Francia; divenutone abate, insegnò ai suoi confratelli a progredire sulla via della perfezione e a cercare Dio con l'intelletto della fede; promosso poi all'insigne sede di Canterbury in Inghilterra, lottò strenuamente per la libertà della Chiesa, sopportando per questo sofferenze e l'esilio". Su questo mi concentro, ricordando il percorso che lei fece dopo l'abbandono della Patrie Valdôtaine: "Dopo tre anni trascorsi tra la Borgogna e la Francia centrale, Anselmo si recò ad Avranches, in Normandia, ove venne a conoscenza dell'abbazia del Bec e della sua scuola, fondata nel 1034. Vi si recò per conoscere il priore, Lanfranco di Pavia, e restare presso di lui, come tanti altri chierici attratti dalla fama del suo sapere. I progressi nello studio furono tanto sorprendenti che lo stesso Lanfranco prese a prediligerlo ed addirittura a farsi coadiuvare da lui nell'insegnamento. In tale contesto Anselmo sentì rinascere in sé il desiderio di vestire l'abito monacale. Avrebbe però altri posti dove poter sfoggiare la sua sapienza senza dover competere con il maestro Lanfranco, ma non trovando valide alternative nel 1060 entrò nel seminario benedettino del Bec. Dopo soli tre anni di regolare osservanza meritò di succedere a Lanfranco nella carica di priore e di direttore della scuola, visto che quest'ultimo era stato destinato a governare l'abbazia di Saint'Etienne-de-Caen. Nonostante il moltiplicarsi delle responsabilità, Anselmo non trascurò di dedicarsi sempre più a Dio ed allo studio, preparandosi così a risolvere le più oscure questioni rimaste sino ad allora insolute. Non bastandogli le ore diurne per approfondire le Scritture ed i Padri della Chiesa, egli soleva trascorrere parte della notte in preghiera e correggendo manoscritti. Ci si può fare un'idea del suo insegnamento leggendo gli opuscoli ed i dialoghi da lui lasciati, alcuni dei quali sono veri e propri piccoli capolavori pedagogici e dogmatici. Sant'Anselmo fu indubbiamente un grande speculativo, ma anche un grande direttore di anime. La fama del suo monastero si sparse ovunque ed attirò un'élite avida di scienza e di perfezione religiosa. Egli se ne occupava in prima persona con cura speciale. Molte delle sue 447 lettere mostrano l'arte che possedeva per guadagnare i cuori, adattandosi all'età di ciascuno e puntando sull'affabilità dei modi. Alla morte dell'abate Herluin, il 26 agosto 1078 i confratelli all'unanimità designarono Anselmo a succedergli. L'acutezza dell'intelligenza, la straordinaria dolcezza di carattere e la santità della vita gli meritarono un immenso ascendente tanto nel monastero quanto fuori. Intraprese relazioni con il maestro Lanfranco, nominato arcivescovo di Canterbury nel 1070, e collaborò all'organizzazione di alcuni monasteri inglesi: ciò gli permise inoltre di farsi conoscere dalla nobiltà del paese ed apprezzare dalla corte di Londra. Nel 1076 Anselmo pubblicò il "Monologion" per soddisfare il desiderio dei monaci di meditare sull'essenza divina. Questa sua prima opera si rivelò un capolavoro per la densità e lucidità di pensiero circa l'esistenza di Dio, i suoi attributi e la Trinità. Ad essa seguì il "Proslogion", più celebre della precedente per l'assai discusso argomento che escogitò a dimostrazione dell'esistenza dell'Essere supremo. (...) La fama di Anselmo si diffuse ancora di più in tutta Europa. Era talmente venerato e amato in Inghilterra che il 6 marzo 1093, in seguito alle pressioni dei vescovi, dei signori e di tutto il popolo, fu eletto dal re Guglielmo II il Rosso arcivescovo di Canterbury, sede ormai vacante dalla morte di Lanfranco avvenuta nel 1089. La sua resistenza fu tenace ma inutile ed in riferimento alle difficoltà d'intesa tra il re e il primate affermò con i vescovi ed i nobili che l'accompagnavano: «Voi volete soggiogare insieme un toro non domo e una povera pecora. Il toro trascinerà la pecora tra i rovi e la farà a pezzi senza che sia servita a nulla. La vostra gioia si muterà in tristezza. Vedrete la chiesa di Canterbury ricadere nella vedovanza vivente il suo pastore. Nessuno di voi oserà resistere dopo di me e il re vi calpesterà a piacimento»". Tralascio le vicende successive, in cui Lei lottò per l'affermazione delle Sue idee, ma vale di questi tempi - in cui la Sua Valle è colpita da un'epidemia perniciosa che coincide con una profonda crisi di credibilità della Politica - la certezza di quanto il Suo esempio, fatto di etica e di moralità, sia un'eredità di cui i valdostani debbono essere degni in una prova difficile attuale e lo sarà anche nell'immediato futuro. Che una sua Benedizione ci illumini. Con devozione e deferenza.