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21 nov 2019

Quanto è strana la neve

di Luciano Caveri

La neve è un elemento complesso da capire. Lo è per le sue implicazioni scientifiche che affascinano chi ne studia le caratteristiche singolari se non bizzarre, lo è nella contraddittoria percezione umana e sociale che muta a seconda delle situazioni e dei momenti in modo drastico. Già la morfologia è qualche cosa di affascinante e sfuggente. Massimiliano Razzano su "La Repubblica" di qualche anno fa dà conto di un lungo percorso e di studi più recenti della "American Chemical Society - Acs". Sul passato questi gli illuminanti flash: «Uno dei primi a studiare i cristalli di neve in modo scientifico fu Johannes Kepler (italianizzato in "Keplero"), conosciuto da tutti per le sue tre famose leggi sul moto dei pianeti».

«Ma non molti sanno che nel 1611 Keplero pubblicò un trattato sui fiocchi di neve, - continua Razzano - nel quale egli cercava di fornire una spiegazione alla loro simmetria esagonale. L'astronomo austriaco suggerì infatti che la forma dei cristalli potesse essere legata all'impacchettamento di piccole sfere di ghiaccio. Keplero infatti non conosceva ancora la reale struttura atomica dei cristalli, che fu osservata per la prima volta solo trecento anni dopo grazie alla cristallografia a raggi X. Non molti anni dopo Keplero, anche Cartesio si occupò di studiare la natura dei fiocchi di neve, componendo una raccolta di disegni di come apparivano i cristalli ad occhio nudo. Per avere le prime immagini microscopiche dettagliata fu infatti necessario attendere l'opera di Robert Hooke, che nella seconda metà del Seicento realizzò moltissime osservazioni al microscopi. La sua opera "Micrographia", una grande raccolta di disegni realizzati al microscopio, contiene molte raffigurazioni dei cristalli di neve e della loro intricata struttura». Segue un descrittivo chiarificatore: «Contrariamente a quanto si può immaginare, i cristalli di neve non si formano da gocce di pioggia congelate. In questi casi si parla piuttosto di nevischio, e i processi fisici in gioco sono troppo veloci per creare un cristallo di neve. Se invece potessimo scendere a cavallo di un fiocco di neve e seguirne la formazione, che cosa vedremmo? La storia di un cristallo di neve inizia nelle nubi in alta quota, formate da un miscuglio di gocce d'acqua. In particolare, le nubi presenti nei periodi invernali possono contenere moltissime gocce d'acqua allo stato liquido, sebbene la temperatura possa raggiungere parecchi gradi sotto lo zero. E' una condizione che i fisici chiamano sottoraffreddamento, nella quale una sostanza in condizioni particolari di purezza ed di equilibrio, può scendere sotto la propria temperatura di congelamento e restare liquida. Nelle nubi invernali i ricercatori hanno calcolato che le gocce d'acqua possono restare liquide anche a temperature di -20 °C o inferiori. Tuttavia, come ricordano gli scienziati della "Acs", la presenza di piccole particelle di pulviscolo atmosferico contribuisce a rompere questo equilibrio. Le minuscole gocce d'acqua, grandi alcuni millesimi di millimetro, congelano quindi intorno ai granelli di polvere, creando così un nucleo cristallino che agisce da "seme" per il futuro cristallo di neve». La nascita e lo sviluppo impressionano: «Man mano che il cristallo di neve diventa più grande, può assumere forme sempre più complesse, sviluppando ad esempio diverse ramificazioni dette dendriti. La forma e la lunghezza di questi "rami" dipendono sia dalla temperatura che dall'umidità dell'aria in cui si muove il cristallo di neve. A pochi gradi sottozero i cristalli hanno le forme più semplici, mentre scendendo a -5° C iniziano a formarsi strutture a forma di ago. A temperature ancora più basse, ad esempio a -15° C è possibile trovare nuovamente forme piatte e a forma di stella, e scendendo ancora diventa possibile la formazione strutture a colonna. I dettagli sulla formazione delle varie strutture non sono ancora completamente chiari, ma si sa ad esempio che le zone più appuntite sono quelle in cui è più facile raccogliere nuove molecole d'acqua e dove quindi nasceranno nuove ramificazioni. L'incontro con fronti di aria calda e successivamente aria fredda contribuisce alla crescita di ramificazioni secondari e, man mano che il cristallo scende verso regioni più calde, la crescita rallenta progressivamente. Anche l'umidità gioca un ruolo importante nella crescita dei cristalli. Se l'umidità è bassa si formano strutture esagonali più semplici, mentre se l'umidità è maggiore si formano ramificazioni più strutturate, che risultano nelle meravigliose forme che possiamo osservare. Con il passare del tempo, i cristalli possono diventare sempre più grandi, raggiungendo anche alcuni millimetri di grandezza. Gli scienziati hanno persino messo a punto un sistema di classificazione, pubblicato nel 1951 dalla "Commissione Internazionale per la neve e il ghiaccio". In base a questa classificazione, i cristalli di neve sono suddivisi in sette classi principali, fra cui quelli piani, quelli a forma di stella, di colonna o di ago». Mi fermo qui in questa parte scientifica, perché vorrei solo aggiungere alcune cose umane e cioè sull'impatto su di noi. Con una sola annotazione di attualità: l'altra sera, per la prima volta in vita mia, ho visto in vita in Valle d'Aosta d'Aosta il "temporale di neve", cioè la nevicata - rarissima da noi - con tuoni e fulmini! La neve, comunque sia, è gioia e dolore. Pensiamo ad un'esperienza soggettiva di un nostro côté emotivo, se non animale. Quando in certe condizioni di cielo lattiginoso si aspetta l'arrivo della neve oppure quando si è nel pieno di una nevicata a larghi fiocchi che riempie il cielo. Esiste una sensazione di benessere, in quell'attesa che la neve cada e lo stesso vale, nel pieno di una nevicata, nel silenzio irreale creato dall'effetto ovattato e felpato e in quella sorta di giostra dei fiocchi che ruotano prima di precipitare al suolo. Ma poi c'è il dolore della neve che scompagina e uccide sotto forma di valanghe e slavine, che isolano e irrompono su strade e case. Lo sciatore che pennella le curve, lasciando le tracce sulla neve fuoripista, può essere vittima improvvisa con un rombo anticipatore, cui segue con violenza inaudita una massa che precipita questa volta informe e distruttiva, pensando invece alla delicatezza della sua struttura costitutiva. Altra contraddizione: la neve è l'elemento ostile nella storia millenaria delle comunità alpine che si fermavano d'inverno in attesa della bella stagione, poi trasfigurate con la neve come pratica sportiva è oggetto di fascinazione per i turisti. Neve da maledetta a benedetta. Neve attesa da chiunque di noi come oggetto di conversazione e poche ore dopo vituperata per via dei disagi per spalarla e per le strade che si intasano e diventano pericolose! C'è poi la neve dei cambiamenti climatici. Non parliamo solo dei ghiacciai che ora rischiano di sparire ma intanto cadendoci sulla testa come nella vicenda drammatizzata del Monte Bianco nella bella Val Ferret, ma della neve che non arriva più e allora si dispongono eserciti di cannoni artificiali che creano una neve sintetica, ma salvatrice delle stagioni turistiche. Cannoni che sono saliti a quote un tempo impensabili. Ma questa neve sparata diventa oggetto di polemiche, amata da un lato da chi ci lavora attorno in un vasto indotto e odiata da quegli ambientalisti che, profittando del cambiamento climatico, vorrebbero far sparire impianti di risalita e relativi sciatori nel nome di un "turismo dolce" che poi stentano a declinare, se non in una visione romantica ed élitaria di una montagna per pochi eletti con un'economia pauperistica che disegna nella loro fantasia un montanaro felice della sua povertà riparatrice. Così la neve diventa un campo di battaglia ideologica tra buoni e cattivi, che spesso mi disgusta per la rozzezza di un approccio che dovrebbe essere superato dal buonsenso di uno sviluppo equilibrato delle nostre Alpi. Ma, per fortuna, la neve resta la neve e la sua magia scalda il cuore, che sia con il naso in aria per vedere volteggiare i suoi fiocchi, con gli sci nei piedi per tastarne la consistenza, con la fatica nelle mani intirizzite di un pupazzo di neve per far sorridere il tuo bambino.