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16 nov 2019

Nazionalismo e patriottismo

di Luciano Caveri

Guardo i risultati elettorali in Spagna e mi domando come possano convivere, ma questa è la democrazia, movimenti politici come "Vox", nuova stella di una destra nazionalista e retriva, e il vasto schieramento nazionalista ed indipendentista catalano, che ha sposato una causa di libertà rinunciando ad ogni forma di violenza. Allora, e di conseguenza, ci si interroga su questa vecchia questione della differenza storica e giuridica fra "Nazionalisti e patrioti", come da un recente libro di Maurizio Viroli, professore di Teoria politica, per Laterza. E’ un libro interessante, che mi conforta in tanti ragionamenti che ho fatto in questi anni sul tema, ritenendolo utile per meglio evidenziare il solco dell'Autonomismo valdostano.

Ricordo di avere citato spesso una considerazione di Benedetto Croce in uno scritto del 1943, quando appariva evidente quanto disastro avesse causato il fascismo: «Si potrebbe dire che corre tra amor di patria e nazionalismo la stessa differenza che c'è tra la gentilezza dell'amore umano per un'umana creatura e la bestiale libidine o la morbosa lussuria o l'egoistico capriccio. L'amore di Patria è un concetto morale». Si può passare con enorme facilità da un "patriottismo buono" ad un "nazionalismo becero", dalla valorizzazione della propria cultura al disprezzo di quella altrui, da atteggiamenti legittimi nella richiesta di integrazione all'aggressività verso il "diverso". Con il rischio - ricordate il nazismo? - che alla fine ci siano "ariani" che non vedono l'ora di purificare il mondo con logiche di sterminio di massa e di eugenetica folle. Temi difficili, certo, ma solo l'equilibrio può evitare che la violenza verbale alimenti fenomeni ben più gravi in un mondo già imbevuto di violenza e di guerre di vario genere. E' il nazionalismo che è sfociato nell'orrore dei totalitarismi. Chi crede nel federalismo considera come intollerabile qualunque ideologia assolutista e che idolatra lo Stato nella sua versione violenta e centralista. I federalisti personalisti seppero denunciare sia nazismo e fascismo che il comunismo sovietico con un'equidistanza importante, perché entrambi infangavano l'umanità, violando quei principi umanisti di appartenenza alla stessa umanità e con disprezzo verso quel principio di sussidiarietà che valorizza l'essere umano e le comunità piccole e grandi. Sono federalista fino al midollo per cultura e per convinzione e questo serve a chiarire un possibile equivoco, che parte proprio da termine antico ma assai cangiante nei flussi del tempo: "nazionalista". Tanto che i partiti valdostani, in primis nel 1945 l'allora unificante Union Valdôtaine nata dalle ceneri di quegli anni drammatici di un nazionalismo violento e assassino, hanno sempre usato il generico "autonomista", che è diventato il prezzemolo per ogni uso in una gamma di utilizzazioni come una coperta tirata da ogni parte ed oggettivamente utile a diversi scopi. In verità altri partiti territoriali hanno inalberato il termine "nazionalista", che oggi può essere a sdoganato a condizione, nel caso valdostano, che sia affiancato dal vaccino antigiacobino del "federalismo". Altrimenti si casca male e ci si trova in una logica ben diversa, in cui il nazionalismo è un pozzo scuro fatto di pensieri di supremazia, di odio per gli altri, di chiusura e di sospetto. Mentre il nazionalista "buono" è un pacifico cittadino del mondo e soprattutto vuole conciliare la propria appartenenza con una cittadinanza europea che superi egoismo e incomprensioni. In una spirale tutto si trasforma con facilità in competizione e la competizione in lotta e la lotta in scontro e, alla fine, scorre il sangue e ci si divide, diventando tutti più deboli. Nel patriottismo si trova dunque un equilibrio che consente di ragionare senza competitività con gli altri che sfoci infine in violenza e bellicismo. Mai come oggi questo sentimento nazionalitario privo di aggressività e sciovinismo si deve sostanziare in una visione politica equilibrata e rispettosa degli altri. Lo dimostra quella scelta del federalismo come chiave di volta su cui costruire l'identità futura e non a caso mio zio Séverin Caveri scriveva: «La conception nazionaliste porte fatalement à l'imperialisme et se compose de deux sentiments parallèles: la surestimation de la patrie et la dépréciation des autres patries. Cette distinction établie, nous affirmons que la divinité de l'Etat-Nation doit descendre dans le limbe des dieux feroce de la tribu». La logica era contrastare l'idea di una Valle d'Aosta che diventasse vittima di un nazionalismo "lillipuziano", al posto di un sano patriottismo nel quadrato di una visione europeista solida e senza dubbi: «Les intellectuels peuvent donc et doivent être le ciment de l'union des peuples de l'Europe: il doivent nourrir les consciences, il doivent répandre l'idée nouvelle de la Patrie européenne». Dimostrazione che non bisogna solo guardare al proprio orticello, evocando odio e rancore verso gli altri. Diceva ancora Séverin - uomo retto e onesto e anche questo conta! - che «La politique des principes est la meilleure des politiques». Osserva Viroli nelle sue conclusioni, dopo una minuta ricerca delle origini e degli sviluppi del nazionalismo: «Quel che è certo è che se continuerà a vincere, il nazionalismo ci porterà ad una democrazia intollerante e barbara. Sulla sua bandiera ci sarà scritto: "Prima gli italiani!". Ma quali italiani? Gli italiani come Mussolini o come Carlo Rosselli? Come Salvatore Riina o come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Come Silvio Berlusconi o come Stefano Rodotà? Gli italiani corrotti o gli italiani onesti? Prima la dignità delle persone, questo deve essere il principio della nostra Repubblica: tutte le persone, gli italiani e i non italiani che vivono con noi. La dignità della persona si difende proteggendo con severa intransigenza la sicurezza e la libertà di tutti. La legge deve valere per gli italiani e per gli immigrati, di qualunque colore sia la loro pelle, senza eccezioni. La nostra Costituzione, vale la pena ricordarlo agli smemorati e a chi non l’ha mai capito, afferma che "L'Italia è una repubblica democratica", non che "L'Italia è la repubblica degli italiani". La storia insegna che contro il nazionalismo serve poco alzare la bandiera del cosmopolitismo, un ideale nobile che convince la ragione ma non tocca le passioni ed è sempre stato, e sarà sempre, principio di ristrette élites intellettuali. Poco giova, anzi nuoce, esaltare la visione della patria europea separata dalla patria italiana. Nata all'indomani della guerra contro i totalitarismi figli del nazionalismo, l’Europa è un ideale che appartiene a un tempo lontano e ormai dimenticato. Molti cittadini degli Stati europei vedono ormai l'Unione Europea come l'espressione di un potere lontano e oppressivo. Secondo i partiti nazionalisti, la cosiddetta "globalizzazione" è andata a beneficio solo di una élite tecnocratica che professa un cosmopolitismo del privilegio. Se vogliamo contrastare il nazionalismo che fa leva sugli interessi locali, sul linguaggio, sulla cultura, sulle memorie e sull'etnia dobbiamo usare il linguaggio del patriottismo repubblicano che apprezza la cultura nazionale e i legittimi interessi, ma vuole elevare l'una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile». Mi si consenta di aggiungere che la chiave di volta non è solo il patriottismo repubblicano, che pure è utile, ma sta proprio nel già più volte evocato federalismo, come occasione di riflessione che mette assieme le "piccole patrie" con i livelli di Governo superiori, creando meccanismi di reciproco riconoscimento che evitino quelle derive che Viroli teme e che io condivido.