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25 giu 2019

Essere al microfono

di Luciano Caveri

L'importante, qualunque cosa si faccia nella vita, è cercare di farlo bene e di ricavarne, se possibile, il massimo della soddisfazione, sapendo come raramente tutto sia rose e fiori. Mio papà era depositario per schiatta familiare di un'etica del lavoro che ha trasmesso a noi figli e questo significa impegno e puntualità ed a questo mi attengo terrorizzato da tutta quell'approssimazione e sciatteria che vedo spesso come un male dei tempi attuali. Quattro settimane di trasmissione radio in diretta sono una simpatica adrenalina. Lo farò da domani sino a metà luglio negli spazi della Programmazione di cui sono responsabile alla "Rai" valdostana, "Rai Vd'A". Lo spazio di trasmissione - che per ora è solo in FM e purtroppo non ha streaming e podcast - in onda ora fra le 12.30 e le 14 è nato verso la fine degli anni Settanta da una costola della "Voix de la Vallée", il Gazzettino regionale che iniziò le trasmissione all'inizio degli anni Sessanta a Torino.

Solo nel 1968 la Redazione si trasferì ad Aosta e si aprirono una decina di anni dopo spazi radiofonici di intrattenimento accanto alla già presente informazione. Tutto confluì nel dicembre del 1979 nelle strutture televisive con l'avvento della "Terza Rete televisiva", che nelle previsioni avrebbe dovuto concretizzare un decentramento ideativo e produttivo per la "Rai". In realtà poi il Partito Comunista Italiano rivendicò una rete televisiva e dunque il sogno di un canale regionale cambiò radicalmente con finestre sulle Regioni in una rete nazionale. Oltretutto gli spazi di programmazione vennero chiusi quasi dappertutto e la situazione di Aosta è rimasta un'eccezione per via in particolare del francese e degli obblighi convenzionali. Piuttosto diversi sono i casi di Trieste per la comunità slovena e Bolzano per il tedesco e ladino, cui si sono aggiunti il sardo ed il friulano nelle rispettive Regioni. Negli spazi radio e in quelli televisivi, di cui mi occupo dopo la lunga parentesi in politica, vige il bilinguismo italiano e francese (lo faremo anche con la mia partner in trasmissione, Evelyne Parouty), cui si aggiunge il patois francoprovenzale. E' una programmazione singolare e molto fitta, in parte - ma con risorse umane sempre minori - autoprodotta ed in buona parte d'acquisto da molti produttori locali ed anche nel mondo della francofonia. Ritengo che per una piccola comunità come quella valdostana il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo abbia un ruolo capitale e dovrebbe essere anche e sempre di stimolo per far crescere professionalità locali in grado di raccontare storie e vicende che siano visibilità a temi e problemi che oggi necessariamente devono sfociare nei media in trasformazione e le vecchie radio e televisioni sono immerse oggi in nuove tecnologie che aprono nuove stagioni e grandi stimoli per chi ci lavori. Ma andare al microfono resta sempre la parte più bella per chi ha cominciato a far radio e televisione con i pantaloni corti. Proprio di questi tempi - quarant'anni fa - leggevo il telegiornale sugli schermi di "Rta - Radio Tele Aosta", dopo una praticaccia in quella palestra di vita che furono le prime radio private dopo la liberalizzazione dell'etere. Ho ricordi straordinari di quella fase pionieristica e la passione, la voglia di comunicare è rimasta quella ed ancora oggi il brivido della diretta ed il virtuosismo della parola sono momenti inebrianti, malgrado gli anni trascorsi dagli esordi. Ecco perché può capitare che un impegno significativo non sia mai un peso e che la scelta di ospiti, argomenti, brani musicali e tutto il resto finisca per essere davvero un momento creativo, in fondo artigianale dalla concezione alla messa in onda, che ti fa sorridere verso un mestiere - quello che oscilla fra informazione e spettacolo - che è stimolo intellettuale e occasione per incontrare persone e devo dire che la piccola Valle d'Aosta ha un campionario d'umanità interessantissimo!