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04 giu 2019

Giggino e la finta ordalia digitale

di Luciano Caveri

Non ho mai capito bene perché mai uno dovrebbe votare i "Cinque Stelle". Certo - com'è giusto in democrazia dove dovrebbe vigere il bon ton tra avversari politici e non la violenza verbale come stile - bisogna rispettare i loro elettori, compresi quelli che sono rimasti e pensando nel contempo anche al perché milioni e milioni se ne siano già andati dopo la fiammata delle ultime Politiche con addirittura, in Valle d'Aosta, un'eletta a Montecitorio. Non lo capivo prima questo voto, quando si trattava di "grillismo" misto al "casaleggismo", cioè un comico (Beppe Grillo) ed un esperto di informatica visionario (Gianroberto Casaleggio) che alternavano «vaffa» ad uso del Web con robe strane come la "piattaforma Rousseau" (povero Jean-Jacques...), figurarsi oggi che nella plancia di comando c'è l'inesperto Luigi Di Maio con il suo curriculum striminzito e l'erede Casaleggio, Davide, che ha scelto Ivrea come base di molti incontri e la cittadina eporediese ha risposto con una scoppola alle Europee. Di Maio - per seguire l'attualità - si sottoporrà in queste ore a finte dimissioni per farsi confermare sulla già citata piattaforma. Un'ordalia digitale fittizia che fa sorridere.

Proprio la generale ed innegabile sconfitta secca a queste elezioni ha innescato, tuttavia al di là della facciata, reazioni più sotterranee che palesi, ed è comprensibile: con il rischio di elezioni politiche anticipate nugoli di parlamentari rischiano di non tornare a Roma ed anche nelle Regioni - compresa la nostra - se si dovesse rivotare la pattuglia pentastellata dimagrirebbe non poco. Il vertice del "Movimento" ostenta ottimismo, ma serpeggia nervosismo e la ragione principale - come spiega chi ha studiato l'andamento del voto - sta nella cannibalizzazione dell'elettorato da parte del grintoso Matteo Salvini e della sua Lega già federalista oggi sovranista. Mi ha fatto sorridere ieri Sebastiano Messina su "La Repubblica", quando racconta di come in queste situazioni di crisi subentri un linguaggio rassicurante e antico, del tutto improprio nel lessico già "grillino", segno che il Potere fa assorbire anche i vizi linguistici: «Uno strano linguaggio si parla da una settimana in qua nel quartier generale dei cinquestelle. Ed è qualcosa di nuovo, anzi d'antico, perché le parole di Giuseppe Conte o in quelle di Luigi Di Maio hanno improvvisamente un suono familiare per il vecchio cronista. Il premier, per esempio, ha scoperto le "cabine di regia", che furono inventate un quarto di secolo fa da Bettino Craxi. Il vicepremier grillino invoca invece una "fase 2" del governo, forse senza sapere che anche l'odiato Cavaliere usò questa formula per il suo esecutivo, dieci anni fa. E chiede anche a Salvini un "vertice di governo", ignorando che prima che lui nascesse proprio quello era il rito canonico del pentapartito Dc-Psi-Pri-Psdi-Pli, un summit a Palazzo Chigi per accontentare l'alleato che reclamava una fettina più grande della torta del potere. Non solo, ma anche l'argomento principe del borbottio dei grillini scontenti è il "doppio incarico" (nel partito e nel governo) che prima di essere rinfacciato a Di Maio fu contestato a Matteo Renzi nel 2014, e prima di lui a Ciriaco De Mita nel 1988 e addirittura ad Amintore Fanfani nel 1958. Ed è tutto un po' surreale, perché ormai pochi si illudevano di sentir ancora risuonare la parola "streaming", ma nessuno credeva che bastasse una sconfitta per far tornare di moda il lessico di "quelli di prima"». Già "quelli di prima", uniti tutti - senza distinguo - nella logica giacobina di aggressione con lo scioglilingua della casta usata come un'ascia. Anzi, se fosse stato possibile usare la violenza fisica avremmo anche visto in azione i tribunali del popolo, senza inutili difensori, e le ghigliottine sarebbero state usate come l'affettatrice di un macellaio di successo con i suoi insaccati. Ogni tanto mi chiedo, di fronte a certe storie, se il tempo sia davvero - come si dice - «galantuomo» e dopo un certo impazzimento si tornerà ad una clima di normalità, dopo un'epoca di sovraeccitazione ed eccessi. Non conosco la risposta, ma emerge con nettezza di come certi successi che parevano sull'onda di un destino imperituro tramontino presto, come avviene nelle giornate d'inverno peggiori. Fra questi appunto l'ondata dei pentastellati contro tutto e tutti. Ricordo con affetto - perché ogni tanto ha pure interloquito con me su "Twitter" - il grande giornalista Vittorio Zucconi, che "cinguettava" spesso contro il grillismo e le sue evoluzioni. In risposta, soprattutto profili comodamente anonimi, gli riversavano addosso odio ed improperi, cui Zucconi rispondeva con l'arma letale - che i cretini non capiscono e si infuriano - dell'ironia pungente. Poche parole mettevano a posto l'aggressore di turno. Ma quel linguaggio squadrista sul Web ha sempre lasciato l'amaro in bocca ed è stato il miglior reagente possibile per capire che educazione e rispetto dovrebbero rimanere un obbligo anche fra acerrimi nemici nell'agone politico.