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23 mag 2019

Addio, oleodotto!

di Luciano Caveri

La notizia di queste ore offre un quadro ormai certo, come spiega "Le Nouvelliste": "La raffinerie de Collombey sera bien démantelée à partir de 2020. Ses activités ne redémarreront pas, a annoncé mardi un membre de la direction de "Tamoil Suisse", propriétaire des lieux. L'assainissement des parcelles contaminées a même déjà débuté. En 2015, "Tamoil Suisse" annonçait la fin de ses activités de raffinage dans le Chablais. Quelque 230 salariés avaient alors perdu leur emploi. Quelques mois plus tard, le canton du Valais avait fixé un délai de cinq ans à la firme pour décider d'une éventuelle future réaffectation pétrolière du site. C'est désormais une certitude, l'usine ne redémarrera pas. L'entreprise confirme avoir reçu entre dix et vingt dossiers sérieux. Ceux-ci n'ont cependant pas été retenus". Questo significa la parola "fine", di conseguenza, all'oleodotto del Rodano, che riforniva la raffineria presso Collombey-Muraz, partendo da Genova e passando da Ferrara, Aosta, Gran San Bernardo, raggiungendo Collombey.

Questo oleodotto fu immaginato da Enrico Mattei, il patron dell'"Eni" morto misteriosamente in un incidente aereo mentre era impegnato in una lotta feroce attorno al petrolio con le multinazionali americane del settore. Questo collegamento svizzero era stata una sua intuizione, condivisa da "Fiat" che stava costruendo il tunnel del Gran San Bernardo ed i primi contatti con gli svizzeri risalgono al 1958. Ad opera completata, nel 1964, il progetto prese il via con la realizzazione della prima raffineria in Svizzera, anche se poi l'oleodotto afferente non fu sfruttato come previsto, ma certo serviva al Traforo per ottenere denaro a causa del tubo posizionato nel tunnel per l'attraversamento. Ora, quando mai finirà l'eterno cantiere della canna di sicurezza dove è previsto lo spostamento dell'oleodotto, questo tratto, come il resto, risulterà inutile. Ha scritto a proposito il dottor Martin Kuder in uno studio sulle relazioni economiche fra Italia e Svizzera: «Gli stretti rapporti economici esistenti fra ambienti economico-finanziari dei due Paesi dopo il 1945 si tradussero anche nella realizzazione di importanti opere infrastrutturali di collegamento fra Svizzera e Italia. La "Fiat" fu fra i promotori e i finanziatori della galleria stradale del Gran San Bernardo, inaugurata nel 1964, tra il Canton Vallese e la Valle d'Aosta. Tale opera venne realizzata anche in reazione al progetto italo-francese del tunnel del Monte Bianco; si temeva infatti che quest'ultimo avrebbe favorito l'aggiramento del territorio elvetico da parte delle correnti di traffico fra l'Italia e l'Europa centro-settentrionale. Dalla galleria del Gran San Bernardo venne fatto passare anche l'oleodotto fra Genova e Collombey. Questa pipeline, promossa congiuntamente dall'Eni e dalla "Société Financière Italo-Suisse", rappresentò il fulcro dell'ambiziosa strategia avviata alla fine degli anni 1950-60 da Enrico Mattei, presidente dell'Eni, per intaccare il predominio delle grandi compagnie petrolifere angloamericane sui mercati europei». Certo, per gli svizzeri il problema sarà il riutilizzo dell'area, come ricorda sempre "Le Nouvelliste": "Le Rhône la partage en deux parties: les unités de raffinage et de production d'énergie sont situées sur un terrain de 85 hectares, sur le territoire de la Commune de Collombey, dans le Canton du Valais, alors que la gare de chargement s'étend sur une parcelle de 50 hectares sur la Commune d'Aigle, dans le Canton de Vaud, où se trouvent les liaisons avec l'autoroute et la ligne ferroviaire du Simplon". In Italia resta il problema di cosa fare dell'oleodotto e ciò interessa anche la Valle d'Aosta e buona parte del suo territorio. Il documento più recente, come descrittivo dell'oleodotto sul nostro territorio e quando, dieci anni fa fu il presidente Augusto Rollandin a fare, in Consiglio Valle, il punto della situazione in risposta ad una richiesta del consigliere Raimondo Donzel: «L'oleodotto è costituito da due condotte per petrolio grezzo più o meno parallele, che percorrono il territorio dal confine della Regione Piemonte fino al tunnel del Gran San Bernardo sul nostro territorio evidentemente. La condotta più vecchia è fuori servizio, bonificata e inertizzata in azoto. La condotta più recente è entrata in servizio fra il 1997 e il 1999 e, in relazione alla vita utile di questo tipo di impianti, può definirsi nuovo. In ogni caso le modalità di progettazione e realizzazione e di ispezione ed esercizio adottata da "Eni" rispecchiano lo stato d'arte che la tecnologia attuale consente. L'oleodotto è telecontrollato dalla sala di controllo del terminale di Ferrara e dispone di logiche ed allarmi in grado di chiudere in remoto ed in automatico le valvole motorizzate, che sono dislocate al sezionamento della linea. Sul territorio valdostano in 67 chilometri sono presenti sedici valvole motorizzate. L'oleodotto viene ispezionato ogni quattro anni con veicoli intelligenti ultrasonori che viaggiano spinti dal fluido stesso. Questi strumenti permettono di leggere con estrema accuratezza per tutta la lunghezza lo stato di conservazione in termini di corrosioni, ammaccature o altri difetti. Nel caso in cui lo strumento legga riduzioni di spessore inferiori al limite, si procede direttamente alla sostituzione della barra di tubo che presenta il difetto. L'ultima ispezione risale al 2008 e non ha evidenziato criticità. La condotta è segnalata sul territorio da palline gialle ed arancioni, recanti il numero verde di emergenza. Oltre alle ispezioni e al telecontrollo sono previste altre tipologie di controllo non automatizzate, operate secondo frequenze che sono proceduralmente stabilite e sono le seguenti: settimanalmente i guardialinee "Eni" ed i guardialinee di società appaltatrici percorrono alcuni tratti della condotta, alternandosi fra loro e con particolare attenzione alle zone più sensibili, perché urbanizzate o perché sono presenti ad esempio corsi d'acqua; settimanalmente vengono effettuati i sorvoli in elicottero allo scopo di verificare anomalie macroscopiche: frane, abusi edilizi, deposito di materiali non autorizzati sulla fascia asservita, integrità della cartellonistica di segnalazione; semestralmente viene eseguito un pedonamento dall'inizio alla fine del tracciato; circa due volte l'anno viene operato lo sfalcio e pulizia da vegetazione della fascia asservita; ogni due anni, e nel caso di anomalie, si provvede alla verifica di interramento della condotta in corrispondenza dell'attraversamento dei corsi d'acqua. Se il franco di interramento minimo, variabile a seconda del tipo di corso d'acqua, risulta non rispettato si provvede, previo ottenimento dei permessi, al ripristino. Inoltre in Valle d'Aosta è presente un presidio fisso "Eni" presso la stazione di rilancio di Pollein ed un presidio fisso all'impresa di manutenzione ed emergenza convenzionata. Si consideri infine che "Eni" si è dotata di un meccanismo per far fronte alle emergenze, denominato "Dispositivo emergenza oleodotti", trasmesso a tutte le Prefetture del Paese, che prevede in dettaglio le modalità di intervento del personale reperibile "Eni" e del personale delle imprese convenzionate per la gestione delle emergenze ambientali». E ora cosa capiterà? Si potrà pensare ad un uso alternativo o l'opera resterà lì inattiva, come avviene già con la condotta dismessa? Un amico fantasioso mi diceva l'altro giorno che si potrebbe pompare acqua di mare da usare per sghiacciare le strade in modo più ecologico, un altro astrologava sulle fibre ottiche. Chissà se sono intuizioni brillanti. Certo, mettere qualcuno a rifletterci sopra non sarebbe male.