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20 mag 2019

«Todos caballeros (autonomistas)»

di Luciano Caveri

Partiamo da una storia da inquadrare fra le "fake news" del passato. Non so se abbiate presente l'espressione spagnola «Todos caballeros» (in italiano «Tutti cavalieri»). Sarebbe stata pronunciata da Carlo V davanti ad una folla paludente, durante una visita ad Alghero (dove ancora oggi ci sono gli eredi dei catalani giunti come coloni nel Trecento) avvenuta tra il 7 e l'8 ottobre del 1541. L'espressione è oggi utilizzata in tono dispregiativo per descrivere quelle proposte tendenti ad estendere urbi et orbi dei particolari privilegi, annullando così di fatto la distinzione o il prestigio derivante dagli stessi; allo stesso modo viene utilizzata per connotare l'esito di una vicenda nel quale tutti si proclamino vincitori.

Sul perché avesse detto quella frase, dando per ora per buono che ci sia stata, ci sono diverse teorie: un riconoscimento alla tenuta della comunità catalana a due secoli dall'arrivo in terra sarda; un saluto ad illustri cittadini locali che avrebbero seguito il Re in una spedizione a Tunisi; un plauso per la mattanza di animali - avvenuta in una sorta di "corrida" - che sarebbero state imbarcate come provviste per il viaggio in Africa; una risposta maldestra ad una folla che reclamava per filarsela via in fretta (si dice per impellenti esigenze fisiologiche...). Già questa serie di ipotesi scricchiola. Scrive sul tema "Sarda News" in modo tombale un autore di cui non ritrovo il nome: "Avendo constatato come sia ancora radicata, così fra i divulgatori come fra gli uomini di cultura, la convinzione che l'imperatore Carlo V, in occasione della sua visita alla Città di Alghero nel 1541, abbia elevato tutti i suoi abitanti alla dignità cavalleresca, mi sento in dovere di avvertire, come algherese, che si tratta in realtà di una frottola tendenzialmente canzonatoria della quale si ignora l'origine. Ho letto da cima a fondo, sia nella versione originale in lingua catalana, sia nella traslazione in lingua italiana proposta tempo addietro dal nostro concittadino Mario Salvietti (vedi "Carlo Quinto in Alghero. La relazione di Johan Galeaҫo nell'originale trascritto, tradotto e commentato", Edizioni del Sole, Alghero 1991), il resoconto delle due giornate trascorse dall'imperatore del Sacro Romano Impero sul suolo algherese, e posso assicurare che in nessuna parte di quel documento storico si fa cenno ad un fatto come quello in questione. Johan Galeaҫo era un notaio algherese che all'arrivo di Carlo Quinto ricopriva l'ufficio pubblico di consigliere civico, e come tale era stato incaricato dall'Amministrazione di stilare una relazione ufficiale da conservare nell'archivio cittadino ad eterna memoria dell'avvenimento. Egli assolse il suo compito con grande scrupolo e precisione, spesso accompagnando il sovrano nei suoi spostamenti, talvolta dando ascolto a quanto potevano riferirgli altri personaggi autorevoli. Dobbiamo a lui la conoscenza dell'espressione «Bonita y bien asentada» sfuggita al monarca mentre, attorniato dalle massime autorità locali, osservava la roccaforte dall'alto di un poggio poco distante dalla Torre dello Sperone". Insomma: il Re non l'ha detta questa frase, ma è rimasta lo stesso nel significato poco simpatico, ma così sintetica da diventare proverbiale. Perché ne me occupo? Per tigna ("puntigliosità" suona meno popolaresco), guardando come non mai allo schieramento politico valdostano e al «Todos autonomistas», che ormai impazza. Ho già detto un miliardo di volte che non è carino il gioco, che sembra quel "t'amo, non t'amo" con cui si sfogliano i petali di una margherita, nel dire «questo è autonomista, questo non lo è». Per fortuna, almeno nell'Assemblea regionale, basta ascoltare gli interventi e leggere gli atti per capire chi è nemico dell'Autonomia o chi manca del più elementare "A-B-C" e sarebbe bocciato anche al più banale quiz con caselline "vero/falso" su storia e geografia valdostane. Ma quel che è importante - per evitare il «todos» che mischia non solo pere e mele, ma ci aggiungerei altri frutti - è che bisogna ormai essere precisi. Ci sono nello scenario "indipendentisti", cui andrebbe chiesto di spiegare con chiarezza come, quando e perché muoversi sul terreno indipendentista, che ha solide necessità giuridiche da risolvere, come dimostrato - che so - da Scozia, Québec o Catalogna. Ci sono poi i "federalisti", che anche in questo caso dovrebbero meglio esplicitare quale progettualità sottende questa definizione, che è come i colori dell'arcobaleno per via delle molte strade percorribili. Ci sono poi gli "autonomisti" e anche per loro non basata l'etichetta e si chiude la storia, perché lo Statuto attuale ed un eventuale Carta costituzionale futura possono dire cose diverse, come la gradazione di un vino. Scendiamo poi ai "regionalisti": anche qui se dal titolo passiamo allo svolgimento non basta l'autoproclamazione ma ci vuole chiarezza su che cosa contiene. Infine ci sono i "nazionalisti", intendendo con loro quelli - ma sono in pochi a farlo con chiarezza, chiamandosi fuori dal mazzo - che sono ben contenti se poteri e competenze della Valle vengono trasferiti allo Stato.