Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
20 mag 2019

Salvini e i Social

di Luciano Caveri

La politica è fatta da programmi, da idee e naturalmente da persone. Il tentativo ingenuo emerso in qualche metodo storiografico di dare alla Storia significati e indirizzi, epurando però il ruolo delle personalità marcanti che intercettano il vento che tira nei diversi momenti, è una grande ingenuità. Nel bene e nel male ci sono uomini e donne che sono - spesso per meccanismi di assoluta casualità - nel posto giusto al momento giusto a vantaggio o svantaggio delle vicende umane di cui diventano un innesco. Non ho mai conosciuto di persona Matteo Salvini e mi piacerebbe farlo in un contesto che non fosse la brevità di un selfie per capire di più, ma ne seguo con curiosità le evoluzioni, perché con lui bisogna fare i conti e chi lo snobba o lo rende diabolico o "macchiettistico" sbaglia. Anche se in verità questa storia di dividere il mondo in "amici" e "nemici" sembra proprio essere una caratteristica del "salvinismo" e del suo febbrile movimentismo, a differenza della strategia più cauta del "bossismo", che ha fallito infine per certe brutte storie emerse nella gestione finanziaria e familiare del partito, che restano ancora un "tallone d'Achille" che può riemergere dal passato e influire sul futuro.

Certo è impressionate il cambiamento di rotta di Salvini in questa parte della sua ormai lunga vita politica e con lui la Lega ha mutato posizionamento e pelle in modo così netto da essere in certi casi più che una piroetta. Nuove strade che hanno portato la Lega da percentuali sempre più calanti e ininfluenti ad essere primo partito in Italia nelle proiezioni per le imminenti elezioni europee in una lotta fattasi ormai senza quartiere con gli alleati di Governo "pentastellati". Una storia rapida e inaspettata da lasciare stupefatti anche i politologi più accorti, ma la psicologia delle masse resta la grande incognita che stravolge ogni certezza e diventa così rapida nel mutare i suoi umori da bruciare leader come fossero dei cerini. Lui - «il Capitano», come si definisce lui stesso - da "padanista" convinto è diventato "nazionalista sovranista", la Lega non è più un partito territoriale del Nord ed è venuta meno la bandiera che da federalista ogni tanto si colorava da indipendentista, perché oggi basta ed avanza il tricolore. E' indispensabile osservare il fenomeno, legato ad una leadership forte e onnicomprensiva, che ha imposto cambi profondi nella linea politica, dimenticando quell'oggetto geografico e politico che fu la "Padania" da piazza San Marco a Venezia al pratone di Pontida. Resta originale il punto di osservazione della Valle d'Aosta, dove ci sono alcune radici dell'avventura "inventata" da Umberto Bossi. Qui una parte della Lega - specie la componente nota come "Jeune Vallée d'Aoste" - non ha abiurato i pensieri delle origini, ad esempio sulla Resistenza e sull'autodeteminazione, in controtendenza con scelte diverse sull'asse Milano-Roma. Sarà il tempo a dirci se si tratta di una differenza che si manterrà o verrà risucchiata nel centralismo caratteristico di partiti con le leve decisionali nazionali che alla fine soverchiano i particolarismi. E tuttavia osservare i cambiamenti è utile per capire il futuro, perché - comunque sia - la Lega è anche in Valle una realtà con cui bisogna confrontarsi e chi chiude con nettezza ogni apertura al dialogo - da farsi con "patti chiari e amicizia lunga" - dovrebbe guardare alla storia delle coalizioni in Valle, verificando come il mondo autonomista abbia collaborato nel tempo - con successi e insuccessi facilmente verificabili - con tutte le pedine sullo scacchiere, a seconda delle circostanze. Tornando a Salvini, credo che la sua svolta più clamorosa - già una delle chiavi di successo dei "pentastellati" - è stato l'uso massiccio del Web e il rapporto "personale" attraverso i "social". Una scelta studiata che ormai passa attraverso uno staff nutrito e certamente costoso, che umanizza il politico che mostra non solo la propria vita pubblica ma la impasta con la propria vita privata, nella logica «è uno di noi». Storia vecchia la coltivazione del mito del "Capo", ma l'uso della Rete è una variante contemporanea, la cui vetta appare essere questa storia - su cui è facile ironizzare - del concorso "VinciSalvini", che prevede premi che vanno dal "selfie" con il leader leghista sino all'incontro personale. Un culto della personalità che è da sempre arma a doppio taglio, perché paga il contrappasso di una popolarità che si scontra con l'umoralità popolare e con le conseguenze della sovraesposizione mediatica, riassumibile nel vecchio detto "il troppo stroppia", cioè che ogni eccesso è negativo. Vedremo cosa avverrà sin dalla sfida delle Europee, oggi posta dallo stesso Salvini come una specie di referendum pro o contro di lui.