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02 mag 2019

La Politica non è una merceria d'antan

di Luciano Caveri

Fingere che tutto vada bene nella vita è rassicurante e naturalmente, perché funzioni, bisogna crederci e montare la commedia conseguente. Ma basta poco a svelare la finzione, che ci restituisce facilmente realtà difficili da mistificare. Questo progressivo e direi definitivo svelamento è la condizione in cui vivacchia in Valle d'Aosta l'esperienza del Governo Fosson a trazione autonomista. Lo dico con mestizia e non con la soddisfazione che dovrebbe provare chi ha ritenuto la scelta sbagliata e legata all'occasionalità di piazzamento degli uni e degli altri, malgrado l'invocazione di massimi principi e di elevati concetti. Non gioisco perché a rimetterci da questo fallimento è la Valle d'Aosta, comunque la si pensi.

Il Governo era nato - così si diceva - per dimostrare due cose, urbi et orbi: una capacità di governare superiore ai predecessori (peccato che alcuni fossero in quella squadra di prima e fossero solo passati da un posto ad un altro con algida continuità) per risolvere la messe di problemi irrisolti; questa aggregazione nasce, secondo i promotori, per riunire la diaspora delle forze autonomiste. Dal dubbio "embrassons-nous" attuale di esponenti che per lo più non si sopportano fra di loro si è passati ad un annunciata federazione "sol dell'avvenire" (così si potrebbe chiamare una pizza con così tanti ingredienti), che dovrebbe fare piazza pulita delle divisioni per «il bene dei valdostani», che paiono al momento convitati di pietra nella faccenda. In verità gli esiti governativi paiono modesti e privi di concretezza: molti annunci sono stati fatti, spesso con logiche più elettoralistiche che altro, in un clima di crescente peggioramento dei fondamentali dell'economia e dei servizi erogati alla comunità. Malgrado lo sforzo propagandistico, con un numero di addetti mai raggiunto prima in Regione, l'opinione pubblica, quella che si tocca con mano e quella sui "social", resta in parte freddina e nella restante e soverchiante maggioranza ostile. Così come appaiono confuse le prospettive politiche di una riunificazione che ognuno vede a suo modo e con tempi diversi e la retorica non riesce ad abbellire la logica da arsenico e vecchi merletti, tacendo sull'affilata "spada di Damocle" della Giustizia che pende sul capo su troppi dei protagonisti, che ostentano ottimismo, pur essendo nelle sabbie mobili. La stessa scelta di correre alle Europee, sotto il simbolo del Cervino ma con il leone dell'Union Valdôtaine indispensabile per l'apparentamento fatto con un Partito Democratico in crisi nera di idee e prospettive, appare temeraria. I rapporti con Roma languono, con Bruxelles idem e la litigiosità interna mostra un'evidenza: se ogni forma di semplificazione dell'area autonomista apparirà come una scelta effettuata a freddo in Consiglio Valle, allora i protagonisti di questa impresa potrebbero facilmente essere accusati di una scelta opportunistica - a beneficio di posti distribuiti persino a casaccio - senza che ci sia un progetto credibile e partecipato. Malgrado tutto ciò si ostentano fiducia e ottimismo e si fa finta che si viva nel migliore dei mondi possibile. Una recita che non regge, un racconto che non convince e lo dico sapendo che ci sono invece energie e volontà, fatte di persone nuove e di personalità esperte, per ripartire davvero, ma iniziando dalla base e non dal vertice come in questa avventura che ricorda quelle mercerie di paese di una volta che mettevano in vendita prodotti diversissimi. Ognuno ha i suoi problemi e le sue ansie in questa situazione confusa che ha portato ad alleanze senza amicizia, a condivisioni fra visioni diverse, ad una confusione di ruoli e a formule destinate a esplodere e implodere e non solo in seno alla maggioranza. Resta, per chi ci crede, la necessità di un comune denominatore che metta assieme le affinità e chiarisca come conciliare diversità. Da sempre questo, contro il caos e la continua fibrillazione che impedisce di governare per l'oggi e per il domani, non è nient'altro che il compito della Politica. Quando la politica fallisce genera la continua crescita di astensioni, alimenta critiche che sviliscono le Istituzioni e causa scelte di voto come "vuoto a perdere" o persino come uno sberleffo che premiano incapaci. Se non si svolterà, con un colpo d'ingegno di persone di buona volontà, allora risulterà inutile persino l'attesa messianica per nuove elezioni.