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02 apr 2019

L'europeismo ogni cinque anni

di Luciano Caveri

Ho seguito per anni le trasmissioni televisive di Bernard Pivot, conduttore televisivo e critico letterario, che su "Antenne 2", poi "France 2", conduceva programmi culturali sulle novità librarie con maestria e sagacia. Da "Apostrophe" a "Bouillon de culture" dimostrava come si possa ottenere attenzione ed ascolto anche con programmi seri. Dipende dalla capacità di chi dirige le trasmissioni e anche dalla considerazione che la massa di telespettatori può essere "educata" non costringendola a logiche per acchiappare audience con volgarità, stupidità e personaggi dubbi che vengono chiamati sullo schermo per la loro violenza verbale o peggio ancora. Ora Pivot delizia il suo pubblico con piccole perle di saggezza via "Twitter", il più elegante dei "social", che frequento ormai da anni e che obbliga - per la sua stringatezza - a sintesi che mettono alla prova alla ricerca di una certa asciuttezza.

Di queste ore un messaggino siffatto: «Nous allons tellement parler de l'Europe que je propose de créer le verbe "europer". Déf.: militer pour l'Europe, participer à sa construction. Ex.: nos aînés ont beaucoup europé / Macron europe jour et nuit/ Le Pen veut déseuroper». Provocazione intelligente, che ha sortito - questo è il bello dei "social" - una serie di risposte ed alcune sono piccole perle anch'esse, accompagnate purtroppo da qualche imbecille, che si nasconde quasi sempre dietro la calda coperta dell'anonimato, che a mio avviso andrebbe vietata sul Web perché rifugio dei peggiori, che indossando il passamontagna celano la propria identità e non per nobili scopi. Ne segnalo alcuni:

@ConNotoire: «Le passé simple "vous europâtes" plaira aux Italiens. L'imparfait du subjonctif "Il fallait que nous europassions" enchantera tous les passionnés. Et l'impératif "europe, nom d'une pipe!" sera parfait sur les banderoles». @Mavork1: «Et non cher Bernard, ça fait 35 ans que le #FN/#RN siège au parlement européen, ils ne déseuropent rien du tout. Ils servent juste à cristalliser un électorat contestataire pour le plus grand profit de tous ceux qui europent». @BRIN1961: «48 pour cent d'abstention évalués... Ça en dit beaucoup sur la France qui beugle mais qui ne cherche pas à participer». @SergeMadere: «Coeuropons avec tous les peuples! (;-)». @VonJagdstrumel: «Fort bien ! Profitons-en également pour créer une sous-discipline des sciences politiques: l'europologie» . Il tema è interessante per chi, come me, si sia sempre occupato di temi europei e nota, con divertimento misto a sconcerto, di come anche in Valle d'Aosta - pure chi mai si è occupato di questi temi - si atteggi a esperto di Unione europea. In passato ho avuto a che fare con candidati alla competizione elettorale che non sapevano francamente un tubo, ma nel corso della loro breve campagna elettorale assurgevano ad esperti del ramo e mi è pure capitato di dover fare qualche lezioncina. D'altra parte, molto langue attendendo di capire bene cosa avverrà in Valle, dove da mesi sono state messe alcune pentole sul fuoco e aspettando ovviamente di capire il quadro nazionale. E' vero però che a Roma, ma pure ad Aosta in assenza di chances di avere un eletto, si attendono gli esiti delle urne più ad uso interno che ad uso europeo. Anche se questa volta il voto italiano sovranista rischia di pesare molto - ma non in maniera determinante - sui seggi del Parlamento europeo. L'ignoranza dei meccanismi comunitari, delle sue regole e dell'"Abc" dell'Unione resta un fatto avvilente. Nel mio minuscolo sperai, con la nascita che fortissimamente volli, di "Europe Direct" ad Aosta - oggi ridotto al lumicino per disinteresse e miopia - speravo che questa logica di alfabetizzazione europea prendesse piede, nel solco di un europeismo valdostano di lunga data. Una vocazione che si è molto persa per strada e che ci ha fatto perdere un certo respiro europeo: penso alle collaborazioni con Regioni simili alle nostre che avevo cominciato a costruire non solo nel nome di un europeismo vacuo e retorico, ma perché le reti di alleanze fruttano l'uso di fondi comunitari. Ma, ormai, non siamo neppure in grado di spendere quelli assegnati senza cercarne e la caccia ad altri fondi - che sostanziava l'ormai moribondo ufficio valdostano a Bruxelles, buono per fare sottogoverno - non sembra essere più una mission. Ci chiudiamo troppo spesso nel nostro microcosmo, che io amo e rispetto, ma senza interscambi e nuove amicizie politiche molti filoni sono destinati ad inaridirsi e certa solitudine alimenta anche la fragilità.