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19 mar 2019

L'orrore dalla Nuova Zelanda

di Luciano Caveri

Capita, in un giorno qualunque, di riflettere sull'orrore. Arriva dall'altra parte del mondo - ed è esattamente così guardando un mappamondo - la notizia di un attentato a luoghi di preghiera - delle moschee - in un piccolo e civilissimo Paese, la Nuova Zelanda. Decine e decine di persone sono state falciate da un commando di estremisti che non so neanche bene come definire per la loro ferocia contro gli islamici, indicati evidentemente - da quanto raccolto sino ad ora - come nemici da uccidere e distruggere. Esattamente, al contrario, quello che hanno fatto gli islamisti contro noi occidentali o contro le chiese cristiane in diversi Paesi del mondo. Un "occhio per occhio, dente per dente", la rozza logica della "legge del taglione", che colpisce per l'ennesima volta in un vortice che trascina la nostra umanità in fondo ad un pozzo profondo da cui ci si chiede quando e come sarà possibile risalire.

Eppure è così: l'altro giorno riflettevo su questo e ciò sulla incapacità di uscire da quel lato oscuro che si ripropone, millennio dopo millennio, nella sua basica crudeltà. Non si riesce a fare in modo che la famosa "Pace" - talmente adoperata nella retorica più melensa da essere ormai come una moneta svalutata - sia un elemento vero impastato con il nostro modo di essere di primati che, con la forza della nostra intelligenza e l'incredibile capacità di adattamento, hanno saputo salire faticosamente attraverso scale di valori e di scoperte che ci hanno affermato al vertice delle responsabilità sul futuro del pianeta che condividiamo con altre specie. Diceva Albert Einstein «Il mondo è il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare». Questo, alla fine di ogni considerazione, resta il punto focale di come, anche in questo nuovo millennio, non si riesca a disinnescare la crescita di atteggiamenti e mentalità che al posto di creare situazione di armonia, accendono dappertutto focolai che portano al peggio. La Storia ci insegna come con grande rapidità tutto possa degradarsi in fretta e basta scorrere ogni giorno il proprio quotidiano o guardare un telegiornale per chiedersi che cosa si debba fare. Proprio davanti allo schermo televisivo, con il mio figlio più piccolo di otto anni, l'altro giorno guardavo un telegiornale e l'eco, notizia dopo notizia, di varie forme di odio e violenza mi obbligavano, sull'incalzare delle sue domande, a decodificare vicende piccole e grandi che accendevano curiosità e persino stupore da parte sua. E tu - adulto - fai tue per un attimo queste sue riflessioni ad alta voce su perché e per come, e ti domandi quale tipo di mondo lasceremo a queste nuove generazioni ed in quale modo si potrà prima o poi disinnescare questa situazione, facendo tacere i fomentatori di odio che da ogni angolo periodicamente spuntano e trovano consenso attorno a loro. Temi difficili, certo, ma ai quali non si può sfuggire. Assorbiti dalla quotidianità e con il callo fattosi duro anche rispetto alle brutture più terribili e squallide dobbiamo ogni tanto alzare alto un grido di civiltà e, per fortuna, esiste una parte vasta di persone che la pensano così. Spesso una "maggioranza silenziosa", direi troppo silenziosa che non riesce a ribellarsi a chi urla e ordina, spaventa e minaccia. Poi la cronaca nera, se non nerissima, si riversa su di noi come la colata di una cloaca che spegne ogni gioia e felicità di fronte a vicende che ci fanno vergognare come esseri umani.