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14 mar 2019

L'Europa smemorata

di Luciano Caveri

I termini "micro" e "macro" sono adoperati per definire alcuni confini dell'Economia, ma credo che - in una logica federalista - si possano usare per i cerchi concentrici della Politica. Il "micro" è il nostro Comune, il "macro" la dimensione planetaria. Il "micro" è la nostra visione sui territori dove abitiamo, il "macro" sono i problemi enormi che assillano l'umanità intera. In mezzo ci stanno molte cose intermedie per le crescenti interazioni e per via di effetti che, come onde, vanno dal grande al piccolo e viceversa. Di questi tempi si parlerà molto d'Europa in vista del voto di Maggio e concordo sul fatto che ci debba essere attenzione. Leggete questo sommario: "L'Europa reagì al fascismo con il suo impegno per favorire la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto. La perdita di questa memoria europea rappresenta un pericolo concreto: e la rinascita del populismo ne è un esempio".

Così un recente articolo su "Social Europe" del politologo Peter J. Verovšek sviluppa un tema su cui riflettere. Così esordisce: «La peggiore fase di recessione economica dalla "Grande Depressione" (1929-1939) ha causato una crisi di legittimazione democratica che favorì l'ascesa del fascismo nel periodo interbellico. Nel secondo Dopoguerra (1945-1989) il ricordo delle grandi guerre (1918-45) nella memoria collettiva e il successo economico della democrazia liberale riuscirono a isolare politicamente i movimenti neofascisti. Tuttavia, la "Grande Recessione" (2007-2013) ha ridato vita all'estrema destra, che si presenta ora come una possibile alternativa politica. Riferendosi a questo preciso momento storico, China Miéville scrive: "Non vi è mai stato un momento migliore nella storia per essere fascisti. Viviamo in un'utopia che semplicemente non è la nostra". In Europa occidentale gli odierni movimenti neofascisti hanno ripreso la retorica dei loro predecessori: si parla infatti di "riprendere il controllo", di assicurarsi che "la nostra razza bianca... continui a esistere" e di combattere "l'invasione degli stranieri". A causa di questi familiari slogan politici e di condizioni strutturali simili a quelle degli anni '30, caratterizzate da una crisi finanziaria seguita da un collasso economico che portarono a povertà, alta disoccupazione e migrazione di massa, si lancia l'allarme a proposito di un "ritorno del fascismo" e si teme di rivivere "gli anni della Repubblica di Weimar". La Storia non si ripete mai tale e quale ma le analogie, invece, esistono, almeno sino a quando la memoria non è fenomeno elitario. Su questa amnesia ancora il nostro autore: "Contrariamente al populismo autoritario di estrema destra, che si spiega ricorrendo a fattori economici e culturali, a mio avviso il ricambio generazionale e la mancanza in Europa occidentale della memoria collettiva legata alle grandi guerre svolgono un ruolo decisivo nella crisi di cui siamo testimoni. Non è un caso che assistiamo a una rinascita del populismo settant'anni dopo la fine della seconda Guerra mondiale"». Ma poi si entra nel vivo: «nel secondo millennio, il compito di guidare l'Europa è passato a una generazione che non ha ricordi della Seconda Guerra mondiale. Con la scomparsa delle generazioni che hanno vissuto la guerra sono venute meno le ampie istanze normative legate alla loro memoria. Al posto di incoraggiare ulteriormente l'integrazione, all'interno di questa generazione che non ha alcuna esperienza diretta delle grandi guerre, si tende a sostenere ampiamente i movimenti populisti autoritari e neofascisti. La nostalgia che motiva l'ascesa di questi movimenti è radicata nei ricordi, propri di questa generazione, di una vita migliore e apparentemente più facile in Stati-Nazione presumibilmente indipendenti al culmine, in Europa occidentale, del "Wirtschaftswunder" ("miracolo economico") nei "trente glorieuses" (i "trent'anni gloriosi" che vanno dal 1946 al 1975). Tuttavia, questa percezione della "nazione" economicamente indipendente e politicamente sovrana richiede che gli "Stati-Nazione" siano "immaginati in periodi in cui di fatto non esistevano". Benché i "baby-boomers" del dopoguerra ricordino lo Stato nazionale come il fulcro della prosperità economica, nel migliore dei casi quest'immagine è incompleta. L'integrazione economica, politica e sociale del continente era già ben avviata durante questo periodo, sebbene ciò non fosse sempre evidente nelle esperienze quotidiane degli individui. Infatti, ben lungi dal supporre, come sembrano credere molti euroscettici, che vi sia stato un passaggio da Impero a Nazione e poi all'integrazione economica nel dopoguerra, l'Europa occidentale ha subito una transizione direttamente dal colonialismo all'integrazione economica dopo il 1945. La falsa narrazione del boom economico postbellico quale periodo d'oro dello stato sovrano, che Timothy Snyder definisce "la favola della Nazione saggia", insieme alla mancanza di ricordi personali della guerra e della sofferenza, rappresenta un'enorme sfida ai valori e alle istituzioni che in precedenza erano il baluardo contro il ritorno del fascismo». L'appello finale ha un titolo è così si declina: «Difendere la democrazia al di là dello Stato. Al giorno d'oggi è importante essere consapevoli di quanto il ricambio generazionale e la perdita di questa memoria europea contribuiscano all'ascesa dell'estrema destra. La lezione degli anni Trenta è che la democrazia liberale, un regime che protegge i diritti economici, sociali, politici e civili in modo "co-originale" o "equi-primordiale", non può essere preservata o sviluppata unicamente tramite lo Stato-Nazione. Al contrario, le istituzioni internazionali hanno un ruolo cruciale nell'assicurarsi che la volontà popolare potenzialmente sciovinista negli Stati-Nazione non vada a calpestare i diritti delle minoranze né a limitare il dissenso politico. La democrazia non si traduce soltanto in elezioni e principio di maggioranza, ma anche pluralità di opinioni e rispetto dei diritti degli individui e delle minoranze, necessari affinché le elezioni e le decisioni secondo la maggioranza abbiano un senso. La storia del ventisimo secolo dimostra che la "volontà popolare" può funzionare in modo adeguato soltanto nelle democrazie vincolate che collaborano per proteggere i diritti umani fondamentali. L'obiettivo principale dell'ordine globale creato in seguito alla Seconda Guerra mondiale era di costituire una struttura internazionale per la democrazia liberale. Di fronte al ritorno del fascismo quale alternativa politica realistica alla politica tradizionale nell'Europa occidentale, oggi più che mai queste istituzioni internazionali sono essenziali per arginare queste nozioni nazionalistiche di sovranità popolare». Da inquadrare!