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03 mar 2019

Leonardo David: nessuna giustizia e promesse non mantenute

di Luciano Caveri

E' stato un tweet di Paolo Mei, giornalista e speaker sportivo di Cogne, a farmi tornare ieri a quella data - 26 febbraio 1985 - in cui morì Leonardo David, il grande sciatore di Gressoney-La-Trinité. Ricorda "Rai Storia": "Muore, dopo sei anni di agonia, Leonardo David, giovane promessa dello sci italiano degli anni '70, considerato l'erede di Gustav Thoeni. David cade nei pressi del traguardo dopo una discesa libera a Lake Placid, il 3 marzo 1979. Trova la forza per rialzarsi e superare il traguardo prima di crollare nuovamente. La caduta gli provoca un trauma cranico con conseguente coma. L'incidente porterà con sé uno strascico di polemiche sull'evidente inopportunità di far disputare la gara a David, che era in condizioni fisiche non ottimali, dopo essere caduto, poche settimane prima, nella discesa di Cortina d'Ampezzo".

Ricordo bene entrambe le date e l'intensità del lavoro, prima a "Rta - Radio Tele Aosta" e poi in "Rai", del mio amico e collega Carlo Gobbo, grande cronista sportivo che seguì più di tutti noi la triste vicenda. Scriveva Leonardo Coen su "La Repubblica" del 1° marzo del 1985: «"Il nuovo Thoeni" titolarono i giornali, eccolo il biondo valdostano figlio d' arte (Davide David fu due volte tricolore nella discesa libera e sette anni in nazionale) approdare ai campionati italiani di Cortina d'Ampezzo pronto a conquistare qualche medaglia. Quei giorni c'ero anch'io, a Cortina, tempo brutto, grigio, visibilità modesta. Il 16 febbraio Leonardo cade durante la prova della discesa libera, prova d'orgoglio e coraggio, lui che primeggiava negli slalom. La caduta è preoccupante, un colpo alla testa sul ghiaccio. Il giorno dopo il medico federale gli impedisce di disputare la seconda manche dello slalom speciale. Anzi, gli viene consigliato d'andarsene a casa, di farsi visitare a Lecco dal professor Dorizzi. David accusava disturbi di cefalea e vertigine, gli consigliarono di non guidare l' auto. Il 20 febbraio è a Lecco. Da Cortina guidando la propria vettura, già, perché l'hobby di Leonardo era quello di correre con l' auto, se non fosse stato sciatore avrebbe voluto fare i rallyes... Visita neurochirurgica: elettroencefalogramma e altri esami negativi. Però i giorni seguenti Leonardo, che tutti chiamano "Leo", ha disturbi vari, fino ad accusare stordimenti. Mancano pochi giorni per la partenza negli Usa, ci sono le gare preolimpiche, sia la Federazione che forse lo stesso atleta ci tengono all'appuntamento. E' in quei giorni che Leonardo muore di sport. Non avrebbe dovuto partecipare alla gara americana, hanno accusato i genitori Davide e Mariuccia, la sorella Daniela, stava male, è stato costretto dalla Federazione... Arrigo Gattai, il presidente della "Fisi", ha sempre replicato: "Il caso umano ci continua a turbare. Certo, ci son stati compagni di squadra di Leo che avevano raccolto frasi del ragazzo quando lui si lamentava di un mal di testa conseguenza di una caduta precedente, ma né i genitori di Leo ci avevano riferito dei suoi malesseri, né gli esami clinici li avevano confermati". Leo cade in "coma vigile", viene operato al cranio al "Medical center" di Burlington, nel Vermont, l' 8 marzo. Esce dal coma artificiale e respira da solo; il 12 marzo nuovo intervento chirurgico, tracheotomia; il 18 marzo per la terza volta finisce sotto i ferri. Il 18 maggio lascia l'ospedale Usa e comincia il viaggio verso casa. Prima New York, poi Francoforte, il 23 maggio è a Novara, altro intervento. Il 31 luglio vien portato ad Innsbruck, nella clinica del noto neochirurgo Gerstenbrand. Seconda tracheotomia il 2 agosto. Il 16 agosto, alle 2 e 30, rientra a casa. Vivo, ma senza riflessi, senza conoscenza. La famiglia David ha deciso di far guerra: per lei è omicidio colposo, colpa dei dirigenti e degli allenatori, negligenti, imprudenti, imperiti. Cause, processi, polemiche. E ieri, i funerali. Mille persone, le guide alpine valdostane, i maestri di sci, gli amici, tutto il paese ad ascoltare la messa di don Gariglio, a tener su questa famiglia distrutta dal dolore e dalla sventura, papà Davide ma non mamma Mariuccia, eccolo lì il feretro di Leonardo che finisce nel cimitero di Gressoney-Saint-Jean, accanto alla tomba del bisnonno. I David non hanno voluto che ci fosse Gattai, il presidente di una federazione che loro accusano (federazione che dopo aver pagato 91 milioni di "borsa di studio", quella che si dà agli atleti nazionali, si è vista rifiutare un assegno di 50 milioni come fondo straordinario...) e che continuerà - presumibilmente - ad essere "parte convenente" in un processo civile che verrà riassunto dagli eredi del povero Leo». A tanti anni di distanza voglio ricordare Leo, che andavo a visitare a casa (con Daniela eravamo e siamo amici) e ricordo mamma Mariuccia e la sua speranza che Leo in qualche modo reagisse, mentre Davide - oggi novantenne - era sprofondato nella cupezza di una storia in cui almeno sperava di avere giustizia e questo, di fatto, non avvenne. Ma il peggio è stato il tradimento che mai cadrà in prescrizione dei vertici sportivi dello sci e dello sport tutto. Promisero che nel nome di Leo, se si fosse resa a norma la pista del Weismatten a Gressoney-Saint-Jean, una delle poste più belle delle Alpi, la Coppa del Mondo sarebbe stata assicurata come modo per ricordare lo sfortunato Leo. Invece, dopo che quei lavori vennero eseguiti, solo promesse e bugie conseguenti. Una vergogna.