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21 feb 2019

Basta con i "professionisti" del lupo

di Luciano Caveri

Non ce l'ho con il lupo, che è tornato sulle nostre montagne (ed a breve nelle città come altri selvatici), ma con i cantori di questo animale diventato - in una rappresentazione inversa al reale - una sorta di placido agnellino, vittima di cattiverie passate di noi uomini che ne abbiamo macchiato la fama per chissà quale - questa sì - feroce macchinazione. Per cui se dubiti su possibili rischi sei nient'altro che un tipaccio di cui diffidare al soldo dell'internazionale dei fucili o della lobby degli adoratori degli ovini ed erede di chissà quali pregiudizi di un passato fatto di zotici ancora più oscuri, in confronto agli algidi difensori del lupo contemporaneo angelicato. Oggi i fratelli Grimm finirebbero vittime degli animalisti più o meno impegnati nella loro causa per via di "Cappuccetto Rosso". Ricordate? "Allora s'avvicinò al letto e scostò le cortine: la nonna era coricata, con la cuffia abbassata sulla faccia e aveva un aspetto strano.

  • Oh, nonna, che orecchie grosse!
  • Per sentirti meglio.
  • Oh, nonna, che occhi grossi!
  • Per vederti meglio.
  • Oh, nonna, che grosse mani!
  • Per meglio afferrarti.
  • Ma, nonna, che bocca spaventosa!
  • Per meglio divorarti!. E subito il lupo balzò dal letto e ingoiò il povero Cappuccetto Rosso".

Oggi Cappuccetto Rosso finirebbe nei guai. Come mai si è fatta mangiare? Ha coscienza di avere interrotto la digestione del lupo? Perché lo ha molestato cercando la nonna già felicemente nella pancia del lupo? Sul cacciatore non provo neppure a dire qualcosa: ha ucciso il lupo e gli ha aperto la pancia. Che "happy end" sarà mai se muore un animale così nobile come il lupo? Buon per lui che Jack London con il suo "Zanna Bianca" è morto, altrimenti perirebbe a suon di querele per aver osato scrivere: "I lupi però diventavano sempre più arditi e i due uomini furono spesso svegliati. Quelle bestiacce si avvicinavano talmente tanto, che i cani diventavano pazzi di terrore, ed era necessario ravvivare il fuoco di tanto in tanto, per tenere a distanza quegli audaci predoni.

  • Ho sentito dei marinai che raccontavano di navi inseguite dai pescicani - osservò Bill, infilandosi sotto le coperte, dopo aver ravvivato il fuoco. - Ecco, questi lupi sono dei pescicani di terra. Conoscono i propri interessi meglio di noi e ci seguono in questa maniera per la loro stessa salvezza. Sanno che ci avranno, sono sicuri che ci avranno". Balle, di certo, perché i lupi sono buoni e paciocconi, non sono dei predatori! Da bandire proverbi e modi di dire, tipo "fame da lupo", "il lupo perde il pelo ma non il vizio", "tempo da lupi", "homo homini lupus" e naturalmente "lupus in fabula" e "al lupo, al lupo!". Il peggiore da dire è "In bocca al lupo", cui bisognerebbe rispondere "crepi!". Ho già avuto risposte politicamente corrette tipo "viva il lupo"! Dove voglio arrivare? Che la cultura popolare e no aveva una certa immagine del lupo, che magicamente si è trasformata. Loro - i lupi - sono buoni e intoccabili e cattivissimo è appunto chi osserva che a limitarli, in assenza di chi li predi, tocca agli uomini, quando salirà ben presto il loro numero in modo allarmante in montagna e pure in pianura. Ma chi coi lupi ci vive - penso a chi ruota attorno ai fondi comunitari come "Life WolfAlps" - non pone limiti alla loro presenza e semmai dice che tocca a noi esseri umani adattarci alla loro crescita demografica, che è una teoria eccentrica ma evidentemente di buona presa sull'opinione pubblica. Di questo cambio di mentalità non si capacita neppure il grande storico del simbolismo in Occidente, Michel Pastoureau, sui cui libri mi sono abbeverato per capire di più sul leone rampante simbolo della Valle d'Aosta. In un bel libro sul lupo ricorda ricorda anzitutto come in Europa il bestiario storico sia dall'antichità più profonda composto da: orso, lupo, cinghiale, cervo, volpe, corvo, aquila e cigno. Si sono poi aggiunti nel tempo toro, cavallo e cane, cui sono seguiti maiale, asino e gallo ed alcuni altri. C'è poi il fantasioso drago e si aggiungono gli esotici leone, elefante e scimmia. Pastoureau su questi animali ha avviato monografie e sul lupo, con un meraviglioso apparato iconografico a colori, racconta il dipanarsi di una storia affascinante. Ma, come accennato, parto dal fondo, nel breve riassunto di questo articoletto. Chiude Pastoureau: «I suoi protettori, sostenuti da zoologi e etologi, militano anche per una riabilitazione dell'immagine tradizionale del lupo, troppo a lungo accusato di essere un predatore crudele e antropofago, grande amante della carne umana. Secondo loro, simili accuse sarebbero infondate, dal momento che il lupo, a meno che non sia rabbioso, non attacca mai gli esseri umani. Ne conseguono, anche in questo caso, polemiche in certi casi virulente con gli storici, che sostengono il contrario e che, basandosi su solide prove, mostrano come e spiegano perché in Europa, dal XV al XIX secolo, il lupo abbia rappresentato un pericolo reale per gli uomini, le donne e i bambini, e non solamente per le pecore e le capre». Poi l'affondo finale che deve fare ragionare: «Questo dubitare delle fonti storiche e del lavoro degli storici da parte di alcuni avvocati troppi zelanti della causa animalista ha qualcosa di inquietante. Fra non molto, forse, non sarà solo più la Storia, ma anche ogni altra scienza umana a essere contestata e denigrata da un certo crescente positivismo delle scienze naturali e biologiche. Considerate le nostre conoscenze attuali come verità eterne e universali, trasferibili tali e quali, senza precauzioni, nel passato, anche il più remoto, è pericoloso oltre che assurdo». Consiglio il libro che attraversa la storia culturale del lupo dalle mitologie antiche alla Lupa di Roma, dai lupi che hanno a che fare coi santi ai lupi dei bestiari, dal lupo che fa sorridere a quelli mannaro, dalle favole e le fiabe alla belva che impaurisce le campagne, dalle credenze e superstizioni al cambio di regime di un lupo che da cattivo diventa buono fra cartoni animati e pupazzi. Un viaggio nel tempo che colpisce per la ricchezza di nozioni e per i racconti suggestivi, che irrompono nel dibattito sul lupo con il peso della cultura del passato, che dovrebbe fare impallidire - per i rischi che corrono - chi intende fare delle Alpi una terra per lupi senza limiti e regole.