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28 dic 2018

Un sereno Natale per la Catalogna addolorata

di Luciano Caveri

Esiste, nel famoso Spirito del Natale in cui in questi giorni mi immedesimo, la possibilità di dedicare a qualcuno i propri pensieri. Quelli ai familiari ed agli amici vanno da sé, ma resta per fortuna uno spazio libero per un pensiero in più. Per questo vorrei dedicare un pezzo del mio Natale alla Catalogna ed alle sue vicende di questo scorcio di secolo del nuovo millennio, rispetto al quale tutti noi eravamo speranzosi che aprisse a tante novità, fra le quali più libertà per i popoli del mondo. Basta guardarsi attorno, vicino e lontano, per dirci che la Storia ha insegnato poco e quel Novecento pieno di errori ed orrori non sembra per nulla sepolto ed è come se certi zombie stessero tornando dalle loro fosse a dirci quanto l'umanità continui a volersi nutrire di violenze.

Non rievocherò qui per la Catalogna precedenti storici, date belle e brutte, personalità e piazze pacifiche, pestaggi di persone miti e galera per reati d'opinione. Mi limito a sperare che il Natale porte a più miti consigli quella Spagna che ha deciso la via dura, poliziesca e giudiziaria, verso chi ha osato - nel nome del Principio di autodeterminazione che solo gli stolti non possono applicare all'Europa - chiedere con spirito aperto, coscienza pulita e modalità democratiche, di ottenere l'indipendenza non contro qualcuno ma a favore delle proprie legittime aspirazioni. E che si risveglino le coscienze degli popoli europei, del mondo intellettuale, dell'Unione europea e che riversino su Madrid tutta l'indignazione che merita. Lo dico con grande rispetto e umiltà anche di fronte al rischio di aggressioni verbali e scritte che chiunque provi ad obiettare si vede indirizzare da chi, come una molla carica, ha accumulato verso i catalani un odio contagioso che fa male e che rischia, per chi se ne fa interprete, di tornare indietro come un boomerang. Per questo solidarizzo con i catalani e lo faccio ricordando un amico scomparso, mio collega al Parlamento europeo, che durante una festa del Gruppo cui appartenevo ci fece morire dal ridere raccontandoci, segno della capacità di divertirsi dei catalani e di una cultura che sa essere ironica e beffarda, una storia che non conoscevo affatto. Si tratta del "Tió de Nadal" (in italiano il ceppo o il ciocco di Natale) conosciuto - il gioco di parole è comprensibile in qualunque lingua neolatina - anche come "Caga Tió" ("Ceppo che fa la cacca"). E' un personaggio mitologico e naturalmente assai scherzoso della tradizione catalana. Su di un ceppo di legno, di quelli grandi usati per far durare a lungo il fuoco del camino, viene disegnata una faccia piuttosto rozza su uno dei lati, si infilano due pezzi di legno per dare delle gambe e viene abbellito - tipo pupazzo - con un cappellino rosso. Come si fa da noi con l'albero di Natale, il giorno dell'Immacolata Concezione (l'8 di dicembre) il personaggio appare nelle case, di solito in cucina o nella sala da pranzo, gli si mette sopra una coperta per farlo stare al caldo e tocca ai bambini di casa portargli cibo e bevande per farlo star bene e ingrassare... non per nulla. La notte del 24 o il giorno di Natale a secondo della tradizione della casa, i bambini obbligano il "Tió" ad "espellere" i regali, colpendolo ripetutamente con dei bastoni di legno e cantando una filastrocca: «Caga tió (caga ceppo) ametlles i torró (mandorle e torroni) no caguis arangades (non cagare aringhe) que són massa salades (che sono molto salate) caga torrons (caga torroni) que són més bons (che sono più buoni). Caga tió (caga ceppo) ametlles i torró (mandorle e torroni) si no vols cagar (se non vuoi cagare) et donaré un cop de bastó (ti darò un colpo di bastone) Caga tió!».

Capito da dove viene il nomignolo? Il "Tió" non spurga grandi regali (quelli li portano "Los Reyes", cioè i "Re Magi", il 6 gennaio, come avveniva in Valle d'Aosta invece del Babbo Natale, nella tradizione estirpata dalla Befana fascista), per tradizione "spuntano" dolci, torroni, caramelle e, di solito, cose piccole anche se in gran quantità. La scena del pestaggio del "Tió" si ripete più volte e finisce quando "caga" un'aringa salata o un aglio o una cipolla od in alcuni posti si usa bagnare il suolo per far capire ai bambini che ha finito. Questa tradizione è molto antica, anche se con modalità e nomi differenti è diffusa anche in Occitania ed in Aragona, ereditata dalla tradizione contadina, il "ciocco di Natale" veniva bruciato la sera del 24 dicembre e portava in regalo il calore, riscaldando il focolare domestico. Sono lieto, per chi già non lo conoscesse, di raccontare a mia volta questa storia, che è anche un abbraccio ideale ai catalani che coltivano la speranza che il loro appello alla libertà non venga soffocato in logiche repressive davvero impensabili ai giorni nostri.